Pasolineide (Pasolini quaranta anni dopo)

Solo l’amare, solo il conoscere conta. Non l’aver amato, non l’aver conosciuto… dà angoscia il vivere di un consumato amore
Uno spazio interamente dedicato a Pier Paolo Pasolini, per discutere, parlare, riflettere – senza ipocrisie, senza censure e senza facili mitologie postume – di uno degli intellettuali più importanti (il più importante?) del novecento italiano.

Il “capitolo scomparso” e gli altri mille misteri legati a “Petrolio”, l’ultima opera, apocalittica e incompiuta, di Pier Paolo Pasolini.

Uno degli elementi cruciali di questo affresco è proprio il Petrolio. Nella lettura pasoliniana della società la questione petrolifera è assolutamente centrale.
Per Pasolini la morte di Enrico Mattei, avvenuta in un anno non casuale (1962, alba del boom economico), è uno dei punti di svolta di quel “degrado” sociale e politico che avrebbe segnato i decenni successivi: con la morte di Mattei tramonta per sempre l’idea di un mercato autonomo e indipendente dell’energia in Italia, spianando la strada per la presa di quel potere che avrebbe stravolto e distrutto l’Italia realizzando la “dittatura dei consumi” che, a detta di Pasolini, avrebbe realizzato quel totalitarismo fallito dal fascismo dietro la parola accattivante e irresistibile di “sviluppo”, ma di fatto comprando i cittadini.

Le indagini dello scrittore, nei suoi ultimi di vita e quindi nella stesura di “Petrolio”, si concentrarono perciò sempre di più sulla figura di Eugenio Cefis, che proprio dopo la morte di Mattei diede inizio alla sua vertiginosa scalata ai vertici di Eni e Montedison.

Per Pasolini Cefis ebbe un ruolo chiave nella misteriosa morte di Enrico Mattei (sospetti decisamente rinforzati una volta che, negli anni ottanta, è stato reso noto il ruolo di assoluto primo piano di Cefis nella P2 di Licio Gelli). (continua… )

“Come un sacco de monnezza”: la ricostruzione dell’omicidio Pasolini

A salire sulla macchina di Pasolini quella notte fu il diciassettenne Giuseppe Pelosi, detto “Pino la Rana”, ragazzo di borgata già noto alle forze dell’ordine per episodi marginali di microcriminalità.
Ma, già a questo punto della vicenda, emergono le prime contraddizioni.
Sia durante gli interrogatori preliminari che in sede processuale, Pelosi dichiarò di non aver riconosciuto lo scrittore né di sapere chi fosse, nonostante si trattasse di uno dei volti più celebri dell’epoca. Eppure, secondo la testimonianza del primo compagno di cella, il Pelosi, già all’alba del 2 novembre, a ritrovamento del corpo ancora non avvenuto, avrebbe detto: «ho ammazzato Pasolini». Non solo. I due amici di Pelosi che quella sera erano arrivati a Termini insieme a lui, interrogati durante le prime indagini dichiararono agli inquirenti di essersi fermati a parlare a lungo con Pasolini e di avergli chiesto una parte nel prossimo film. (continua… )