Del potere, del petrolio, del governo Renzi e di Pasolini

Stavolta vi chiedo di non fare troppo caso a quel che sto scrivendo.
È uno di quei voli pindarici, più o meno allucinogeni, che talvolta mi capita di fare.
Complice la troppa rabbia e l’eccessiva frustrazione mescolate a qualche carico di stanchezza e a qualche sbalzo ormonale per l’improvviso scoppio della primavera.
Di conseguenza, parole in libertà che sicuramente lasciano il tempo che trovano.

Il fatto è che avrei tanto voluto scrivere due parole su “La macchinazione”, il film appena uscito di David Grieco sull’omicidio Pasolini.
Chi mi conosce, chi mi legge e mi segue, sa quanto per me sia importante Pasolini (chi non lo sa può andarsi a rivedere quel diluvio di articoli scritti e riportati su questa pagina tra ottobre e dicembre scorsi), e può dunque immaginare quanto tenessi a questo film, quanto tenessi a parlarne, discuterne.

Eppure no, non lo farò.
Non avrebbe senso, perché questo film non esiste. Non esiste (già) più.
Uscito il 24 marzo, nonostante atteso e annunciato da mesi con una discreta campagna pubblicitaria (siamo ancora nell’ambito degli eventi del 40ennale), è già sparito dai cinema.
In provincia di Firenze non c’è già più. Per trovarlo in Toscana occorre andare in una multisala di Prato che lo proietta a giorni alterni e in orari scomodi.

Un film che, bello o brutto, era sicuramente – almeno nelle intenzioni – importante.
E importante sarebbe stato parlarne.
Importante perché trattava un tema finalmente tornato d’attualità: il turpe assassinio di uno degli intellettuali più grandi, decisivi e lungimiranti del nostro ‘900, ennesimo mistero d’Italia su cui ancora persistono moltissime ombre inquietanti, infinite incongruenze, quintali di sospetti e nemmeno una certezza.

Una storia, quella di questo film, forse nata male, malissimo. Un film che, nonostante il tema cruciale, non ha ottenuto finanziamenti pubblici né è stato riconosciuto di “interesse culturale nazionale”, status che di norma si concede a film di cui non si capisce dove sia questo interesse, che magari hanno un paio di panoramiche su Pompei ma poi parlano di amorazzi giovanili o crisi esistenziali di trentenni.
Status che di norma si concede con facilità incredibile.
Ma non per Pasolini. Che, evidentemente, continua a essere un problema. Un enorme problema. Un problema parlarne, un problema affrontare i suoi scritti, le sue verità scomode, le sue lucidissime denunce, la sua lucidissima visione del potere, della politica, della criminalità organizzata.
Un problema al punto che, tanto per fare un esempio, nei concorsi pubblici per i docenti di letteratura italiana, nei programmi d’esame vengono inseriti tutti gli autori di secondo novecento (perché il novecento è importante e imprescindibile), da Bilenchi a Luzi, da Zanzotto a Gatto, da Caproni a Bertolucci, dalla Morante a Moravia. Tutti, ma non Pasolini. Su cui, sempre e per sempre, cade un velo di strano e perpetuo silenzio.

È infatti strano, molto strano, che un film sparisca dalle sale dopo appena sei giorni di programmazione. Strano soprattutto che sparisca un film così importante e così annunciato dalla pubblicità.
È un destino che non hanno conosciuto nemmeno i più clamorosi flop commerciali.

Il film cercava di dare voce a una delle ipotesi più insistenti, fondate e inquietanti circa la morte di Pasolini. Quell’ipotesi che vedrebbe strettissimi collegamenti tra la morte del poeta e gli intrighi petroliferi che vedevano colluse poteri mafiosi e poteri politici, quegli stessi intrighi su cui Pasolini stava indagando negli ultimi anni per scrivere il suo romanzo, rimasto poi incompiuto, intitolato appunto “Petrolio”.

Sarà un caso, ma il film è sparito dalle sale proprio il giorno dopo l’esplosione del nuovo scandalo petrolifero che ha visto coinvolto il governo Renzi, nelle persone del ministro Guidi e del ministro Boschi.
Proprio il giorno dopo.
Sarà un caso.
Anzi, è sicuramente un caso.
E il mio è solo un volo pindarico.
Il volo pindarico di un bilioso arrabbiato quale sono.
Quindi ripeto, non statemi a sentire.
Dimenticate quanto ho scritto.
E non dite niente a nessuno.

Riccardo Lestini

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬

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