“Petrolio” e il mistero del capitolo scomparso

Nel mio articolo pubblicato lo scorso 2 novembre su Words in Freedom, “Pasolini 40 anni fa, come un sacco de monnezza” (http://www.wordsinfreedom.com/pasolini-40-anni-fa-come-un…/…), ho cercato di ricostruire nella maniera più efficace e sintetica possibile le dinamiche del brutale assassinio di Pier Paolo Pasolini, le scandalose vicende giudiziarie e processuali e, non da ultimo, i più inquietanti misteri che ancora aleggiano sopra questa “storia sbagliata”.

0. Da Mattei a Pasolini.
In particolare, la vicenda che lega l’omicidio alla stesura di “Petrolio”, il romanzo – poi rimasto incompiuto – cui lo scrittore stava febbrilmente lavorando nei suoi ultimi anni di vita, le indagini contenute nell’opera sulla fosca figura di Eugenio Cefis, la sua scalata a Eni e Montedison, i suoi legami con lo stragismo, la P2 e la morte di Enrico Mattei.
Nell’articolo citato ovvie ragioni di spazio, nonché la natura stessa del pezzo, incentrato non sulla vicenda specifica ma sull’excursus dell’intera storia di quarant’anni di indagini, non hanno consentito un approfondimento in materia.
Eppure, stando a quanto la maggioranza dei lettori mi ha scritto, tanto in pubblico quanto in privato, l’interesse maggiore è stato destato proprio dalla linea “Omicidio Mattei-Cefis-Petrolio-Pasolini”.
Mi sembra perciò atto dovuto e necessario fornire ulteriori elementi e maggiore approfondimento in merito.

1. La natura dell’opera.
Anzitutto, che cosa è “Petrolio”? Lo chiamiamo “romanzo”, anche se è definizione assai impropria. Anzitutto perché Pasolini, sia nei suoi appunti sia in pubbliche dichiarazioni a riguardo, non lo ha mai definito tale. Lo chiamava o genericamente “libro” o, più specificatamente, “poema”. Definizione che ci sembra assolutamente corretta non tanto per rendere omaggio alla volontà dello scrittore, quanto perché, pur nella sua incompiutezza e frammentareità, esso dal punto di vista stilistico risulta a tutti gli effetti un poema, la cui struttura guarda esplicitamente al “Satyricon” di Petronio e, implicitamente, alle “Metamorfosi” di Ovidio, alla “Commedia” dantesca e, avvicinandoci cronologicamente a Pasolini, a “Ulisse” di Joyce.

2. Il problema dell’opera postuma
“Petrolio” fu pubblicato postumo soltanto nel 1992, a ben diciassette anni di distanza dalla morte del poeta.
Perché? Tutti sapevano dell’esistenza di quest’opera, Pasolini, pur mantenendo un totale riserbo sui contenuti, ne aveva parlato a più riprese (“Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita. Non voglio parlarne però, basti sapere che è una specie di summa di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie”, intervista di Pasolini alla “Stampa” del 10/01/1975), e nel carteggio con Moravia vi è una lettera lunga e approfondita in cui Pasolini chiede all’amico e collega consigli in merito di natura prettamente stilistica. Gli eredi perciò, capitanati dallla cugina del poeta Graziella Chiarcossi, resistettero a lungo alle pressioni degli editori circa la pubblicazione del poema.
Ma, almeno in questo, non vi è alcun “mistero” ideologico o politico. I motivi di una così lunga resistenza sono esclusivamente di natura, diciamo così, artistica. Chi ha letto – o ha provato a leggere – “Petrolio” sa molto bene di cosa sto parlando.
Non siamo infatti difronte a una “classica” opera incompiuta, laddove per classica – per intenderci – mi riferisco ad esempio alla “Eneide” di Virgilio, che al momento della morte dell’autore mancava esclusivamente di un’ultima revisione, oppure al “Partigiano Johnny” di Fenoglio “monco” esclusivamente del capitolo 8. Nel caso di “Petrolio” siamo davanti a uno stadio di lavoro molto più che preliminare.
Prima di tutto, le oltre 500 pagine pervenute costituiscono – stando ai molti schemi generali dell’opera lasciati da Pasolini – appena un terzo, forse un quarto, dell’intero impianto.
Ma soprattutto, la maggior parte di queste 500 pagine sono veri e propri “appunti”: alcuni capitoli (o “frammenti” come li definisce lo stesso Pasolini) mancano completamente, hanno soltanto il titolo o una descrizione sommaria, in altri troviamo esclusivamente riflessioni dello scrittore su cosa scrivere e su come scriverlo, altri ancora sono lacunosi, fitti di note a margine inserite a penna non di rado con grafia impossibile da decifrare. Poche, pochissime, le parti distese o compiute.
Quando prendiamo in mano il volume di “Petrolio” non siamo quindi davanti a una prima stesura priva di revisioni, ma, ripeto, a qualcosa di molto più che preliminare: gli appunti personali e privatissimi di uno scrittore circa un’opera interamente da farsi.

3. La trama
In una simile situazione, oltre a capire i dubbi circa la sua pubblicazione, è assolutamente ovvio come sia difficile ricostruire la “trama” del poema, almeno nel senso classico del termine.
L’unica cosa che possiamo fare è coglierne l’intento generale, l’atmosfera, i rimandi e le implicazioni. Al centro della vicenda vi è il personaggio di Carlo, borghese intellettuale di sinistra simbolicamente “scisso” in due, un Carlo angelico e sociale e un Carlo diabolico e sensuale. Le vicende – diciamo così – “private” di Carlo, in una struttura come già ricordato “dantesca”, si intrecciano con un affresco cupo e apocalittico della società contemporanea, in una sorta di allucinante bolgia infernale: corruzione, intrecci tra Mafia e Politica, stragismo di stato, servizi segreti, mercificazione del corpo e del sesso, ruolo criminale della CIA nei più foschi misteri italiani, fascismo dei consumi, natura disumana del potere, decadenza totale della società.

4. Il ruolo del Petrolio e le indagini su Eugenio Cefis.
Uno degli elementi cruciali di questo affresco è proprio il Petrolio. Nella lettura pasoliniana della società la questione petrolifera è assolutamente centrale.
Per Pasolini la morte di Enrico Mattei, avvenuta in un anno non casuale (1962, alba del boom economico), è uno dei punti di svolta di quel “degrado” sociale e politico che avrebbe segnato i decenni successivi: con la morte di Mattei tramonta per sempre l’idea di un mercato autonomo e indipendente dell’energia in Italia, spianando la strada per la presa di quel potere che avrebbe stravolto e distrutto l’Italia realizzando la “dittatura dei
consumi” che, a detta di Pasolini, avrebbe realizzato quel
totalitarismo fallito dal fascismo dietro la parola accattivante e
irresistibile di “sviluppo”, ma di fatto comprando i cittadini.
Le indagini dello scrittore, nei suoi ultimi di vita e quindi nella stesura di “Petrolio”, si concentrarono perciò sempre di più sulla figura di Eugenio Cefis, che proprio dopo la morte di Mattei diede inizio alla sua vertiginosa scalata ai vertici di Eni e Montedison.
Per Pasolini Cefis ebbe un ruolo chiave nella misteriosa morte di Enrico Mattei (sospetti decisamente rinforzati una volta che, negli anni ottanta, è stato reso noto il ruolo di assoluto primo piano di Cefis nella P2 di Licio Gelli).
Cefis era, per Pasolini, uno dei più inquietanti esempi di quel “potere oscuro e mostruoso” che denunciò incessantemente tutta la vita, quel potere responsabile della mutazione antropologica degli italiani, colluso con la criminalità organizzata, con lo stragismo, con i servizi segreti americani… quel potere invisibile e invincibile che riuniva economia, politica e mafia.
La rete intricata di protezione di cui godette Cefis nella sua scalata prima all’Eni e poi alla Montedison (l’ala di Fanfani della DC in primis, la CIA in secundis), fu più volte accennata da Pasolini (gli accenni in particolare vertevano sul ruolo chiave del petrolio nel sistema di potere Usa-Italia-Mercato economico-stragismo-strategia della tensione), ma i riferimenti sono assolutamente espliciti nelle pagine di “Petrolio”, dove uno dei personaggi principali diventa Troya, alter ego di Cefis, indicato come uno dei massimi potenti implicati nello stragismo degli anni settanta.

5. Lampi su Eni. Appunti 20-30
Gli appunti (o capitoli) 20-30 del poema mancano completamente. Essi si riducono a uno schema di poco meno di due pagine dattiloscritte contenenti una specie di “mappa concettuale” aggiunta a penna dallo scrittore.
Li troviamo alle pagine 117-118 dell’edizione a stampa, con la seguente intestazione: “Appunti 20-30. Storia del problema del petrolio e retroscena”. Sotto, lo schema, intitolato “Lampi sull’Eni”.
Nello schema Pasolini ci informa come questi capitoli avrebbero dovuto essere una “enorme digressione” sulla storia di Eni e Montedison, digressione “che lascia Carlo nell’atto di andare al ricevimento della signora F. e la riprende quando egli entra”.
Una enorme digressione sulla storia petrolifera italiana che però manca totalmente.
Per capire, analizziamo lo schema.
La “Signora F.”, scrive Pasolini, del ricevimento è titolare di un Ente Cultura finanziato sia da Cefis (in questo schema Pasolini lo indica col suo nome reale, e non con quello romanzesco di Troya), sia da Monti, fascista. Ma, ci tiene a sottolineare Pasolini, il ricevimento è frequentato esclusivamente da “intellettuali di Sinistra”. Il protagonista Carlo verrà assunto da una delle due grandi società fino a diventarne un pezzo grosso e a essere complice e parte attiva di due “delitti”.
Il primo delitto a cui si riferisce Pasolini è proprio quello di Mattei, e lo scrive esplicitamente nello schema: “Troya sta per essere fatto presidente dell’Eni e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei). Egli con la cricca politica ha bisogno di anticomunismo”. Anticomunismo che sarà ottenuto con lo stragismo e la strategia della tensione.
Il secondo delitto è relativo alla scalata di Montedison, dove Troya, viceversa “con la cricca politica ha bisogno di una verginità fascista (bombe attribuite ai fascisti)”. E il riferimento è ai primi anni ’70. Questo passaggio della politica dall’anticomunismo all’antifascismo tra gli anni 60 e 70 Pasolini lo aveva già evidenziato nel celebre articolo del “Processo” contenuto nelle “Lettere Luterane”.
In “Petrolio”, è tuttavia chiaro sempre da questo schema, come Pasolini intendesse essere assolutamente più esplicito. In fondo allo schema scrive: “INSERIRE I DISCORSI DI CEFIS”.
La mappa inserita a penna invece riassume graficamente l’Impero Monti e l’Impero Cefis, e tutte le loro relazioni con la politica del tempo.

6. Il capitolo ritrovato.
Il mancato sviluppo di questa parte – che a detta di Pasolini era il vero snodo cruciale dell’intero poema – andrebbe logicamente attribuito alla più banale delle spiegazioni: semplicemente, Pasolini non la scrisse, lasciandola sotto forma di schema e rimandandone la stesura magari a un maggiore approfondimento delle sue indagini.
Se non fosse per il fatto che nel 2010 Marcello Dell’Utri (proprio lui) annunciò il ritrovamento di uno dei capitoli “perduti” di “Petrolio”. Appunto, il capitolo “Lampi sull’Eni”, vale a dire lo sviluppo e la stesura degli appunti 20-30.
Capitolo che sarebbe dovuto essere presentato a Milano, in occasione dell’apertura della XXI mostra del Libro Antico.

7. Il capitolo (ri)perduto.
La presentazione però non avvenne mai.
Stando alle dichiarazioni di Dell’Utri, la persona che gli aveva mostrato il capitolo (78 pagine dattiloscritte) e di cui Dell’Utri si è sempre rifiutato di fornire l’identità (“un cristiano, una persona improvvisamente sparita che non risponde più nemmeno al telefono, forse spaventato per il troppo clamore creatosi attorno alla notizia”, si limitò a dichiarare all’epoca Dell’Utri), non lo lasciò mai nelle sue mani, ma lo tenne per sé ripromettendosi di consegnarlo al momento dell’allestimento della mostra.
Un mistero dal sapore sia inquietante sia grottesco, che lascia tuttavia aperte numerose questioni: questo capitolo esiste o no? fu mai scritto oppure no? la notizia fu una semplice trovata pubblicitaria di Dell’Utri per dare risalto alla mostra? le sconcertanti rivelazioni che in esso potevano essere contenute, possono collegarsi alla morte dello scrittore? è possibile che qualcuno abbia sottratto illecitamente delle carte a Pasolini? è possibile che tali carte siano sparite durante le normali perquisizioni in casa del poeta dopo la sua morte?

8. Io so.
A nulla valse l’interrogazione parlamentare chiesta in proposito da Walter Veltroni all’allora ministro della cultura Sandro Bondi e la questione cadde ben presto nel dimenticatoio.
E a noi cosa resta?
Resta senza dubbio la certezza che “Petrolio” è una sconvolgente miniera di riflessioni, considerazioni e rivelazioni sugli aspetti più torbidi della nostra storia più contemporanea.
Resta la certezza che Pasolini, abbia o meno mai scritto quel capitolo, nelle sue indagini era giunto a profondità abissali e vertiginose, scomode e sconvolgenti.
Per il resto no, non sappiamo niente.
O forse sì, sappiamo. E quel che ci resta è ripetere le celebri parole di Pasolini circa lo stragismo pubblicate negli “Scritti Corsari”:
“Io so. Ma non ho le prove”.

Riccardo Lestini

 

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