“Marinare la scuola”: a Perugia si dice “fare salina”, a Firenze “fare forca”, ad Arezzo “fare chiodo”… ma perché si dice così?

Marinare la scuola e le sue infinite declinazioni regionali, provinciali. A volte addirittura comunali.
Ma da dove vengono queste espressioni? E in che rapporto sono con la dicitura “italiana”?

Andiamo con ordine e partiamo proprio da quella. L’espressione “marinare la scuola” (che, bene sottolinearlo, tutti conoscono ma nessuno usa, preferendo appunto le varianti locali) deriva proprio dalla marinatura culinaria, ovvero quel procedimento consistente nel mettere il cibo sotto sale – o sott’olio, sotto aceto e via dicendo – e metterlo a dimora per conservarlo.
Perciò “marinare la scuola” vorrebbe dire letteralmente “salare la scuola”, cioè metterla sotto sale, da parte, chiuderla e conservarla per il giorno dopo. Rimandarla.
Non c’entra nulla invece – come erroneamente riportano diversi siti – il mondo “marinaresco” e le “promesse da marinaio”.

Passando alle varianti locali, partiamo da Perugia e dintorni, dove si dice FARE SALINA (inizio scontato e obbligato: perugino d’origine, da ragazzo ho per l’appunto “fatto salina”).
Perché si dice così? Cercando e documentandomi, francamente non ho trovato versioni ufficiali circa l’origine dell’espressione. Anche il documentatissimo “wikiDonca” (il Wikipedia del dialetto perugino) sulla questione tace.
Ma pur in assenza di documentazione, il discorso pare assai chiaro e semplice: “fare salina” non “andare alle saline invece che a scuola” (come in molti hanno ipotizzato in un dibattito sulla questione pescato on line), ma – di nuovo – “mettere sotto sale la scuola”, conservarla per il giorno dopo. Ovvero, “marinarla”.
Quindi una variante, quella umbra, esattamente rispondente al significato “originale”.

Dopo la patria di nascita, andiamo a quella di adozione, cioè Firenze, dove invece si dice FARE FORCA.
Qui il legame con la marinatura è del tutto assente. Il riferimento è proprio alla forca, cioè allo strumento agricolo per sollevare il fieno. Detto strumento ha soltanto due denti e quindi, per astrazione, da sempre la forca a Firenze e dintorni ha rappresentato un bivio, una biforcazione di strade.
Di conseguenza “fare forca” significherebbe trovarsi al bivio e scegliere “l’altra strada”, ovvero quella alternativa alla scuola.

A metà strada tra Firenze e Perugia, cioè ad Arezzo (e dintorni) si dice invece FARE CHIODO.
Come sulla salina umbra, anche sul chiodo aretino c’è assenza quasi assoluta di documentazione. Pertanto, occorre andare di intuito.
Appare chiaro, come per la forca Fiorentina, che anche in questo caso siamo totalmente slegati dall’atto del marinare. L’espressione con ogni probabilità usa il termine “chiodo” nella medesima accezione con cui viene utilizzato nella celebre espressione “roba da chiodi”.
Ovvero: ai tempi in cui i chiodi venivano lavorati a mano, i fabbri per realizzarli utilizzavano gli scarti di tutti gli altri materiali. Per estensione, roba da chiodi indicherebbe, in senso dispregiativo, azioni assurde, incomprensibili, spregevoli e dannose.
Seguendo questa strada, “fare chiodo” starebbe a significare la “cattiva azione” del non andare a scuola.

Per ora basta così. La settimana prossima continueremo questo viaggio regionale… ma nel frattempo: da voi come si dice?

(Continua)

#dettiEridetti
#storieRiccardoLestini

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