Perché si dice “per il rotto della cuffia”?

Questo comunissimo modo di dire, trova probabilmente le sue origini nelle giostre e nei tornei medievali.
Nelle armature dei cavalieri del tempo la “cuffia” era la parte terminale della cotta di maglia indossata sotto l’elmo. Siccome, nelle giostre appunto, i colpi assestati sulla cuffia erano ritenuti validi dal regolamento, il cavaliere che vinceva “per il rotto della cuffia” era quello che vinceva, per l’appunto, in extremis, all’ultimo respiro.
Da qui l’espressione si sarebbe estesa all’uso comune, finendo per indicare ogni riuscita all’ultimo secondo, in maniera rocambolesca, di straforo.

Sempre conservando la stessa intenzione e il medesimo significato, esiste tuttavia un’altra ipotesi sulle origini.
Nella “Satira I” (vv. 248-249), Ariosto scrive “e entrò pel rotto del muro”, indicando appunto un ingresso “di straforo”.
E la “cuffia”, tra i suoi innumerevoli significati, anticamente indicava una parte del muro di cinta che circondava le città. “Passare per il rotto della cuffia” vorrebbe quindi dire, all’origine, “passare di straforo attraverso una piccola breccia (o una piccola crepa) aperta nel muro di cinta”.
Origine diversa, ma il significato – compreso quello che è arrivato ai nostri giorni – resta identico.

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