Qiestione di buonsenso

Quello che più mi colpisce del cartello elettorale (in foto qui sotto) della candidata per il Movimento Cinquestelle alla presidenza della regione Lazio Roberta Lombardi, non è certo la frase slogan “meno migranti”, e nemmeno l’equazione “meno migranti, più turisti”. Questa locuzione semplicistica, questa riduzione del problema e soprattutto di esseri umani a pura entità numerica, senza tra l’altro spiegare e specificare come, quando, dove e perché, non è esclusiva della Lombardi. Al contrario è un mantra, un ritornello ripetuto di continuo in questi giorni, magari con una sintassi diversa ma con identico contenuto, in maniera trasversale da più parti politiche (a partire dal “vanno aiutati a casa loro” di Renzi). Talmente consueto da non farci più troppo caso. Così come consuete sono le equazioni matematiche per cui al meno migranti corrisponde automaticamente un “più” qualcosa (pensioni, turismo, sicurezza, salari, lavoro, stabilità, detrazioni).
A stupirmi, e a spingermi a questa riflessione, è piuttosto l’ultima parola del cartello: “buonsenso”.
Mi viene da chiedere: gentile Lombardi, di quale buonsenso stiamo parlando? Soprattutto, come è possibile parlare di buonsenso in relazione a cosa dice (e come lo dice, soprattutto) il cartello?
È buonsenso “sparare” a caratteri cubitali la semplificazione del “meno migranti = più qualcosa”, e di conseguenza far intendere che la responsabilità ultima (e forse unica) di ciò che non funziona è dei migranti? Sicuramente sono parole efficaci per prendere voti, ma con una tensione sociale così alta il buonsenso, se di “questione di buonsenso ” si tratta, imporrebbe l’abbassamento dei toni, un’azione di moderazione e pacificazione. Parole come queste, al contrario, la tensione l’alimentano gettando benzina sul fuoco.
Ma pure mettendo da parte e dimenticando la spinosa questione dei migranti, la parola buonsenso continua a stupire anche solo in relazione al discorso sul turismo.
E quindi torno a chiedere: di quale buonsenso stiamo parlando? È buonsenso inseguire il trito luogo comune “in Italia se volessimo camperemmo solo di turismo” (secondo solo a “Venezia è bella ma non ci vivrei”)? È buonsenso indicare il turismo come panacea e soluzione miracolosa?
E di quale turismo stiamo parlando esattamente?
Un turismo privo di criterio, basato esclusivamente su presupposti numerici, sulla facile convinzione che a quantità maggiore corrisponda maggiore ricchezza, non porta crescita, ma distruzione. Paesaggistica anzitutto e sociale in secondo luogo.
Da fiorentino, ovvero da residente in una delle città più turistiche del mondo, mi permetto di far notare come proprio la logica sconsiderata del “più turisti” sempre e comunque, abbia devastato la città, smembrato il suo tessuto sociale, annientato gli spazi di incontro e condivisione, cacciato i residenti e trasformato l’intero centro storico in una vetrina vuota e senz’anima. Che non solo non ha portato crescita, ma ha immiserito tutto il contesto.
Lo stesso accadrebbe ai borghi del Lazio, se vi replicassimo, in piccolo, la stessa logica. Perderebbero la loro bellezza, si spopolerebbero ancora di più trasformandosi in paesi fantasma popolati da resort di cartone e preda del turismo mordi e fuggi. E non ci sarebbe né sviluppo né ricchezza.
Un turismo sano, capace di far realmente girare l’economia, non nasce da presupposti numerici o da calcoli quantitativi. Nasce se a monte si è costruito, o ricostruito, un tessuto sociale e civile, da idee razionali e sostenibili in relazione con il territorio.
Senza dubbio dietro le parole della Lombardi, che pur non condividendone affatto la linea ritengo persona capace e degna, c’è altro, un progetto sicuramente più approfondito e articolato.
Ma dalle parole di quel cartello, tutto questo non traspare.
Soprattutto, non traspare la minima traccia di buonsenso.

#resistenzeRiccardoLestini

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