Il (finto) scandalo dei rimborsi Cinquestelle

Sinceramente la questione della mancata restituzione di parte dello stipendio da parte di un gruppetto di parlamentari del Movimento Cinquestelle, mi interessa molto poco.
Trovo anzi abbastanza assurda tutta questa attenzione, assurdo questo accanimento e assurda la foga con cui l’episodio viene contestato.
Certo capisco che siamo in campagna elettorale, e la faccenda diventa un ottimo e comodo appiglio degli avversari politici del Movimento per screditare e attaccare. Ma il tutto resta comunque molto pretestuoso.
Anche perché, di cosa stiamo parlando esattamente? Dove sarebbe lo scandalo?
Questi otto (o dieci o quanti siano esattamente non mi è chiaro al momento) in realtà non hanno rubato niente, né hanno commesso, in termini di legge, alcun reato. Non si sono intascati una tangente, non hanno sottratto soldi pubblici. Semplicemente hanno trattenuto per sé uno stipendio che, sempre in termini di legge, gli spetta legittimamente.
Quello che hanno fatto è stato di tradire un patto assolutamente privato (ma, sempre in termini di legge, completamente privo di valore) che, al momento della loro elezione, cinque anni fa, hanno fatto con chi li ha votati.
Quindi, se c’è un problema, è esclusivamente interno al Movimento, riguarda esclusivamente iscritti, militanti ed elettori. Chi è fuori da questa cerchia, non dovrebbe esserne né sfiorata né interessata. I “trasgressori” non devono rispondere di quanto fatto davanti a tutti gli italiani (a cui non hanno rubato niente), ma esclusivamente a chi, in virtù di questo patto, ha deciso di dargli fiducia.

Per quanto mi riguarda, non essendo né un elettore né un iscritto né un simpatizzante del Movimento, sento che questo problema della mancata restituzione non è davvero affar mio né deve esserlo.
Ho profondo e sincero rispetto tanto della scelta di restituire parte dello stipendio quanto di chi ha deciso di sostenerla, pur non condividendola affatto. Al contrario, non solo penso che non siano gli stipendi dei politici il vero problema delle casse pubbliche e che se un politico lavora bene e onestamente per il bene collettivo sia sacrosanto che riceva per questo (e per le immense responsabilità che assume su di sé) un alto compenso e le dovute garanzie del caso, ma ritengo che la deprofessionalizzazione della politica, il ritenerla una pura “missione”, sia molto più pericoloso e dannoso degli stipendi da capogiro.
Ecco, penso che magari questo, a mio avviso, potrebbe essere un interessante spunto di discussione e dibattito da affrontare e approfondire. Non certo la violazione di regole interne a un partito la cui soluzione, lo ripeto, spetta solo a chi quelle regole le ha stabilite e sottoscritte.

#specialeElezioni2018
#resistenzeRiccardoLestini

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