La laurea dei politici

Io sono il primo a essere sconcertato (e indignato) per il fatto che l’attuale Ministro dell’Istruzione, non solo non ha mai insegnato in una scuola, ma non possiede nemmeno i titoli di base per poterlo fare. Se però, come sta accadendo continuamente in questi giorni, questo discorso specifico si pretende di allargarlo a tutti i ruoli della politica, sono il primo a essere contrario.
Perché questa polemica, che per ovvie ragioni è sacrosanta nel caso particolare dell’Istruzione, non lo è per niente se estesa in generale a tutti i ruoli della politica o a qualsiasi posizione di comando. L’equazione “laureato=capace, non laureato=incapace” applicata a prescindere e in tutto, oltre che assurda, è decisamente discriminante.
Il bello e l’equità di una Repubblica democratica risiede proprio nella possibilità per chiunque di accedere alle cariche pubbliche. A patto, ovviamente, di possedere competenze, sia certificate sia dimostrate sul campo. Competenze per cui, non sempre (e per fortuna aggiungo), l’Università costituisce il passaggio obbligato.
Un discorso che diventa ancora più grottesco quando i paladini del politico laureato a tutti i costi risultano essere sostenitori di partiti i cui leader, e possibili candidati premier alle prossime elezioni (ne ho contati, biografie alle mani, almeno tre tra i principali partiti italiani), sono per l’appunto privi di laurea.
Ma in un paese in cui il paradosso è la norma, contestare senza nemmeno accorgersene e probabilmente senza nemmeno saperlo la carriera della stessa persona che si vorrebbe a capo del paese, è veramente il minimo.

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