The Velvet Underground & Nico – “Sunday Morning”

Lei si chiamava Christa Paffgen, ma per tutti era, e sarebbe stata per sempre, semplicemente Nico.
Nico la regina delle tenebre, Nico la modella, Nico l’attrice, Nico la cantate.
Nico. La splendida Nico.
Quando Bob Dylan le presentò Andy Wharol, ovvero l’uomo che avrebbe segnato in maniera indelebile la sua carriera, Nico aveva appena venticinque anni, ma era già stata modella a Berlino, Ibiza, Parigi, raggiungendo fama mondiale posando per Vogue, Elle e Tempo. Era già stata compagna di Alain Delon (da cui aveva avuto un figlio, mai riconosciuto dal padre) ed aveva già recitato in un ruolo secondario ne “La dolce vita” di Fellini”. Era già stata fidanzata del chitarrista degli Stones Brian Jones e Jimmy Page degli Zeppelin aveva già prodotto un suo singolo.
Per Wharol, Nico fu una folgorazione. Ne fece la sua musa prediletta, la protagonista dei suoi film d’avanguardia, l’anima di quella Factory newyorchese che, nel 1966, era il centro del mondo.
Soprattutto, Andy Wharol la presentò a Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison e Maureen Tucker, ovvero ai Velvet Underground. Era una band allora sconosciuta (chi li conosceva li chiamava non con il loro nome ma “la band di Wharol) e ancora senza contratto, che faceva una musica ruvida, minimale e dissonante, dai testi cupi e decadenti, che parlavano di eroina, masochismo, spacciatori. L’esatto contrario del surf, della summer of love e della psichedelia che impazzava sulla Pacific Coast.
Erano allora, i Velvet, l’anima musicale dell’Exploding Plastic Inevitable, il rivoluzionario, avveniristico e multimediale spettacolo itinerante di Andy Wharol.
Lui, Wharol, giunto il momento di registrare il primo disco della “sua” band, pensò che Nico fosse esattamente ciò di cui i Velvet Underground avessero bisogno, l’elemento mancante per raggungere la miscela perfetta. E la propose al gruppo come voce femminile da affiancare e alternare a quella maschile del leader, Lou Reed.
Di solito certe fusioni a freddo, certi inserimenti improvvisi, hanno effetti devastanti nella vita e negli equilibri di un gruppo. Non in questo caso. Andy Wharol, che era un genio ma di musica non capiva un accidenti, ci aveva visto giusto. La voce teutonica di Nico, al tempo stesso calda e inquietante, potente e dolcissima, incarnava alla perfezione la duplicità dei Velvet che, con lo stesso ruvido minimalismo, sapevano passare da disperati canti di tossicodipendenza a limpide ballate d’amore.
Nacque così uno dei dischi più importanti della storia della musica, “The Velvet Underground & Nico”, un disco dove c’è talmente tutto da risultare quasi imbarazzante parlarne.
I problemi, gli effetti devastanti, vennero dopo. Dopo il disco, dopo il tour. Vennero quando sia Lou Reed sia John Cale si innamorarono di Nico, mentre lei si innamorò di Jim Morrison, lasciò i Velvet e iniziò la carriera solista.
Ma questa è un’altra storia. Una storia che, tra l’altro, non ha scalfito minimamente la leggenda di quel disco, fatto con due soldi, registrato alla bell’e meglio e senza troppa cultura musicale. Quel disco con la banana di Wharol. Il disco di “Heroin”, “Venus in Furs”, “Waiting for my man”. Il disco dove Nico è regina delle tenebre in “All tumorrow’s parties” e “Femme Fatale” ed è musa dolente e dolcissima in “I’ll be your mirror”.
E poi c’è “Sunday Morning”, l’unico singolo estratto dal disco, l’unico brano prodotto da Tom Wilson (il solo, in tutta quella banda squinternata, ad avere un minimo di conoscenza di musica e di mercato). “Sunday Morning” scritta da Reed e Cale al termine di un sabato sera di bagordi. Una canzone che ha tutta la malinconia del dopo festa, tutta la paranoia e il vuoto che certe volte porta in dono la domenica.
Una canzone che ha la voce miracolosa di Nico.

#jukebox
#mercoledìVociDiDonna

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