Il discorso del Cavaliere e la peggior Italia possibile

Come volevasi dimostrare, al termine di un lungo vertice dello stato maggiore del PDL a seguito della sentenza della Corte di Cassazione, parla Berlusconi tramite il mezzo a lui più congeniale: il videomessaggio. Degli altri leader del PDL non parla nessuno. Schifani, e pochi altri, si limitano a dire che ‘le parole di tutto il partito sono le parole del Presidente Berlusconi’. Nel 2006 il film di Nanni Moretti “Il Caimano” si chiudeva con la visionaria condanna del Caimano e con la dichiarazione di quest’ultimo su come l’Italia fosse diventata un regime in mano alla Magistratura, un regime contro cui tutti gli uomini liberi avevano il diritto di ribellarsi con ogni mezzo. Seguiva l’inquadratura finale, con la folla inferocita che prendeva d’assalto il Palazzo di Giustizia incendiandolo e linciando giudici e magistrati. Oggi credo che chi sette anni fa tacciò Moretti di pessimismo debba ricredersi. Non ci sono stati incendi né assalti, ieri, ma il discorso del Cavaliere è una pericolosa, assurda, aberrante dichiarazione di guerra in piena regola alle fondamenta istituzionali dello Stato, le cui conseguenze sono davvero inimmaginabili. Agli amici, ai compagni del PD e degli altri partiti di sinistra e centrosinistra che in questi ultimi giorni hanno ricordato più volte che Berlusconi va sconfitto alle urne e non in tribunale, vorrei dire: non ve ne accorgete, ma questo è il ragionamento più berlusconiano che possiate fare. Il processo – e la condanna – a Berlusconi non è, amici e compagni, un sistema per toglierlo di mezzo dalla scena politica e vincere le elezioni. E’ molto di più: è una battaglia in favore della legalità, per ribadire e affermare il sacrosanto principio su cui si basa qualunque democrazia degna di questo nome, vale a dire che la legge è uguale per tutti. Un principio inalienabile e privo di colore politico, di cui per primi dovrebbero prenderne atto proprio gli elettori di Berlusconi. Il discorso del Cavaliere invece, è un sistematico attacco a questo principio, un inno allo smantellamento delle istituzioni. Un’assurda chiamata alle armi a cui, purtroppo, in molti, moltissimi, risponderanno.
Cerchiamo di analizzarli nel dettaglio, questi dieci minuti scarsi di videomessaggio.
1) APOLOGIA E ATTO DI FEDE. La prima aberrazione sta proprio nella struttura del discorso. Per quasi metà del videomessaggio il Cavaliere ricostruisce con toni agiografici la sua parabola politica. Ma il problema non sta tanto nell’apologia di se stesso, a cui Berlusconi ci ha abituati da vent’anni, quanto nel fatto che – per stessa dichiarazione dello stato maggiore del PDL – le sue parole sintetizzano la posizione ufficiale del PDL. In sostanza: non è un uomo disperato che, anche difronte all’evidenza, continua a proclamarsi innocente e ad attaccare una Magistratura persecutoria, ma è un intero partito, un’intera classe politica a farlo. E se un partito con un bacino elettorale attorno ai 10 milioni di cittadini sconfessa l’attendibilità di uno dei tre poteri principali dello Stato, non è certo pessimismo parlare di vera e propria emergenza democratica e concreto pericolo di collasso istituzionale. Caso più unico che raro: in nessun’altra democrazia, davanti agli scandali giudiziari di un leader politico, si assiste alla levata di scudi di un’intera classe politica. Da noi, in Italia, invece, al corso democratico si preferisce l’atto di fede.
2) LA MAGISTRATURA IRRESPONSABILE. Anche qui, niente di nuovo sul fronte occidentale. Per l’ennesima volta Berlusconi taccia la Magistratura di irresponsabilità. Ma al di là della gravità di simili affermazioni (e dell’ovvio sottotesto per cui un uomo, solo perché leader politico, non è condannabile), stavolta Berlusconi va oltre, affermando come la Magistratura sia diventata “un vero e proprio potere dello Stato”. Una frase apparentemente minima, ma che contiene una carica sovversiva spaventosa. A Berlusconi, ma soprattutto a quelli che ancora una volta lo seguiranno (perché Berlusconi lo sa benissimo, i suoi elettori invece lo sanno un po’ meno), occorre ricordare che la Magistratura non è diventata un potere dello Stato con l’avvento del Cavaliere in politica. La Magistratura un potere dello Stato lo è sempre stata. Dai tempi di Locke e Montesquieu, qualunque democrazia contemporanea si è basata sul principio della separazione dei poteri, riconoscendo nello Stato tre principali poteri, legislativo (parlamento), esecutivo (governo) e giudiziario (magistratura appunto). Negare questo significa negare la democrazia.
3) LO STATO DI DIRITTO. Parlando dello Spirito Oggettivo dello Stato, il filosofo Hegel (che non era di sinistra), ricorda come uno Stato di Diritto, per vivere e sopravvivere, debba necessariamente passare dall’astrattezza del diritto formale all’interiorità della moralità. Cioè affinché il sistema di pena stabilito per le violazioni del diritto funzioni, occorre il riconoscimento, da parte dei cittadini, della colpa. Disconoscendo tale riconoscimento, si punta implicitamente al crollo dello Stato di Diritto.
4) LA RISCRITTURA DELLA STORIA. In pochi minuti Berlusconi ha messo in piedi una vera e propria riscrittura della storia più recente del nostro paese. Ha prima di tutto parlato dei ‘cinque partiti democratici’ (il cosiddetto Pentapartito) che ‘hanno governato l’Italia per oltre mezzo secolo’, difendendola dal ‘pericolo del comunismo’ e che, all’inizio degli anni ’90, sono stati messi fuori gioco dalla Magistratura politicizzata. Bisogna ricordare al Cavaliere che il Pentapartito non ha governato l’Italia per mezzo secolo, ma solo dal 1980 in poi, vale a dire conseguentemente alla fine della stagione del compromesso storico tra DC e PCI (e quindi, che se per tutta la seconda metà degli anni ’70 si è cercato tale compromesso, il Partito Comunista Italiano non rappresentava, in Italia, una minaccia democratica come Berlusconi vuol far credere a tutti i costi). Che tutti i partiti protagonisti della Prima Repubblica sono figli della Costituente, vale a dire nati sui valori dell’antifascismo. Che nel cosiddetto Pentapartito vi erano due forze, PSI e PSDI, assolutamente di centrosinistra (di quale resistenza contro la sinistra sta parlando, quindi, il Cavaliere?). Che il Pentapartito non è stato affatto messo fuori gioco da una Magistratura politicizzata, ma da una maxi inchiesta che ne ha accertato colpevolezze e responsabilità. Che a capo del pool di Mani Pulite, all’inizio dei ’90, vi era Antonio Di Pietro, all’epoca di certo tutt’altro che di sinistra. Che durante Tangentopoli tra i principali ‘forcaioli’ e sostenitori di Di Pietro vi erano l’allora segretario del MSI (futura AN) Gianfranco Fini (assieme ai vari Gasparri e compagnia bella) e il leader della Lega Umberto Bossi, vale a dire gli alleati della prima ora del Cavaliere, assieme ai quali ha costruito tutte le sue vittorie elettorali (1994, 2001 e 2008). Che il primo, nel ’94, a offrire un ministero a Di Pietro fu proprio Berlusconi.
Ci ricorda infine Berlusconi come con la sua ‘discesa in campo’ abbia ‘sconfitto il comunismo’ e messo all’opposizione il ‘Partito Comunista’. Occorre, di nuovo, ricordare al Cavaliere: che, con tutto il rispetto, il comunismo è stato sconfitto dalla Storia e dal crollo del muro di Berlino, che il Partito Comunista Italiano all’opposizione c’era dal 1948 e che, al momento della sua ‘discesa in campo’ non esisteva già più.
5) FORZA ITALIA E L’ITALIA MIGLIORE. Chiude, Berlusconi, proclamando la rinascita di Forza Italia, per ‘riprendere la maggioranza del paese, il governo’ assieme ‘all’Italia migliore’. Un’Italia migliore che si trincera dietro l’apologia di un solo uomo, che disconosce il potere giudiziario e calpesta lo stato di diritto, che nega la storia e disprezza la verità.
Un’Italia migliore fatta di – direbbe Leopardi – “ragazzi che giocano a fare gli uomini” e che costringe “i pochi veri uomini che rimangono” ad andarsi a nascondere, “come quello che cammina diritto in un paese di zoppi”.
E ancora “gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce” (Giovanni, III, 19).

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