Morire per una canna

Morire a sedici anni, quando di fatto la vita deve ancora cominciare, quale che sia il motivo, è inconcepibile. La natura stessa si ribella e si rifiuta di accettare un’idea così atroce e assurda.
Ma il suicidio del ragazzo di Lavagna, gettatosi dalla finestra di casa sua mentre era in corso una perquisizione della Guardia di Finanza che all’uscita di scuola gli aveva trovato addosso dieci grammi di fumo, è particolarmente assurdo e particolarmente inconcepibile.
Una ennesima tragedia adolescenziale che ci chiama in causa tutti quanti. Tutti noi adulti in generale e noi insegnanti, educatori e formatori – che con gli adolescenti lavoriamo quotidianamente – in particolare. E ci urla addosso chiedendoci risposte, imponendoci una riflessione seria e profonda su quanto accaduto.
Si è detto e scritto molto a proposito in questi giorni. Si è soppesata l’entità del reato e dei dieci grammi di fumo. Si è parlato del comportamento della Guardia di Finanza, di che bisogno ci fosse di un assembramento di sei finanzieri a perquisire la camera da letto di un ragazzino come fosse chissà quale spacciatore e chissà quale delicata operazione antidroga. E si è tornati a discutere dell’annosa questione sull’opportunità o meno di depenalizzare e legalizzare le droghe leggere.
Tutti ragionamenti in qualche modo sacrosanti e che di certo trovano una loro ragion d’essere. Ma che, almeno a mio avviso, non centrano il cuore del problema. Che, sempre a mio avviso, non sta nella cosa specifica delle canne e del fumo, ma in una questione ben più generale, profonda e inquietante. Ovvero chi sono veramente questi nostri ragazzi e quanto noi siamo veramente capaci di leggerli e comprenderli.
Una canna, lecita o illecita, legale o illegale che sia, resta oggettivamente un’inezia, una futilità al pari di un brutto voto, della paura di un rimprovero o di una delusione in amore o in amicizia. E una futulità non può spiegare né giustificare una morte, un suicidio. C’è per forza dell’altro, gigantesco e vertiginoso. C’è anzitutto un mondo, una società in cui questi ragazzi sono nati e cresciuti che schizza via alla velocità della luce e non ammette pause, rallentamenti, riflessioni. Che li bombarda e ci bombarda immagini e parole ma finisce per rendere noi sordi e loro muti, incapaci di esprimersi, di parlare e di parlarsi, di guardare e di guardarsi. Che non ha tempo di capire, che maltollera difetti, paure, imperfezioni, che isola e disprezza qualsiasi scostamento dalla massa. Che tutto si fa chiedere e tutto, almeno in apparenza, concede.
Un mondo in definitiva illusorio e irreale che li illude di crescere presto, prestissimo, di aver incamerato alla solita velocità della luce tutte le esperienze necessarie per potersi dire adulti.
L’impressione è che anche noi adulti siamo caduti in questo tranello e abbiamo finito, noi per primi, per considerarli giovani adulti, dimenticando la loro giovinezza. Dimenticando quanto adulti non lo siano affatto e quanto invece, al contrario, siano adolescenti e quindi fragili, insicuri, impauriti, bisognosi di nient’altro che non sia comprensione, affetto, sostegno e incoraggiamento. Molto più di quanto lo siamo stati noi, visto che sono cresciuti in un mondo che questa fragilità e questi bisogni fa di tutto per nasconderli come una vergogna, un mondo che illudendoci come abbiano tutto e presentandoceli come arroganti, ci comvince che non abbiano bisogno di niente. Mentre in realtà, come tutti gli adolescenti di ogni tempo e spazio, hanno bisogno di tutto. Soprattutto, hanno bisogno di noi.
Perciò smettiamola di guardare il dito e ignorare la luna. Ovvero smettiamola di ingarbugiarci in discorsi su reati, canne, colpe e pene, e pensiamo semplicemente che una società che non è in grado di comprendere i suoi ragazzi è senza dubbio colpevole, molto più colpevole di un sedicenne che fuma una canna.
E torniamo a loro. Sforziamoci di comprendere il loro universo, di sicuro diverso dal nostro ma non per questo di minor valore. Ascoltiamoli, valorizziamoli, incoraggiamoli, aiutiamoli nel fornirgli una mappatura per orientarsi nel mondo, non lasciamoli soli, facciamogli capire la bellezza di essere timidi, la scintilla di rivelazione che abita in ogni insicurezza, la grandezza che risiede in ogni sbaglio, la forza che vive nell’imperfezione.
E non cediamo, non rassegniamoci a un mondo che vuole a tutti i costi perdere la propria innocenza, la propria bellezza e la meraviglia della giovinezza.

#resistenzeRiccardoLestini

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