Indignazione

Mi chiedo perché a risvegliare la coscienza civile degli italiani sia sempre la pancia, il clamore del momento, lo strepito della notizia del giorno.
Tutte queste polemiche circa la richiesta di una “morte dignitosa” per il supeboss di Cosa Nostra Totò Riina, che di certo hanno piena legittimità e ragion d’essere, non centrano assolutamente il cuore del problema e finiscono per essere inutili. Polemiche di pancia appunto, che vivono esclusivamente “a caldo” e muoiono nello spazio di un niente.
Mentre l’indignazione, e la sollevazione della coscienza, in una questione del genere, dovrebbe essere quotidiana.
Quotidiana perché il problema non è come e dove morirà Riina, ma come è vissuto fino adesso.
Mi spiego meglio.
Suona senza dubbio orrendo anche solo l’aver preso in considerazione una simile richiesta: l’idea che un uomo che ha trascorso la sua vita a compiere le peggiori bestialità possibili, a tramare contro lo Stato, responsabile di un numero incalcolabile di vittime innocenti (una lista di cui Falcone e Borsellino sono solo i nomi più eclatanti), possa avere un qualsiasi riguardo, fa male. Ci si sente presi in giro come cittadini, si vede calpestata la sensibilità dei parenti delle vittime, la memoria di chi ha pagato con la propria vita la lotta contro le mafie.
Ma è un malessere di pancia, istintivo, cieco.
Che ci piaccia o no, il fatto che Riina muoia in una cella o nel suo letto non cambia assolutamente niente. Può cambiare qualcosa da un punto di vista esclusivamente “simbolico”, ma non cambia niente nell’ottica della lotta alla mafia, alle sue terribili connivenze, alle sue ramificazioni in ogni dove, a quello strapotere che continua a esercitare nonostante tutto, allo schifo, allo scandalo e al senso di impotenza con cui ci costringono a fare i conti ogni volta che si presentano situazioni simili.
Riina è in carcere da ventiquattro anni. E in questi ventiquattro anni il suo ruolo all’interno di Cosa Nostra non è cambiato di una virgola. E Cosa Nostra, ce lo ha insegnato Falcone, quando un capo non è più in grado di esercitare il proprio potere, lo sostituisce. Dal momento che nessuno ha mai preso il posto di Riina, significa che da ventiquattro anni continua indisturbato a comandare, ordinare omicidi e mattanze, porre e disporre, tramare, ordire le più impensabili alleanze e i più impensabili accordi.
Oggi ci indigniamo e gridiamo perché il far morire “dignitosamente” Riina tradisce la memoria di Falcone, Borsellino e di tutte le vittime della mafia.
Sbagliamo. La loro memoria è stata tradita e il concetto stesso di Stato è stato insultato tutti i giorni da ventiquattro anni, ogni volta che il sistema carcerario, giudiziario e legislativo, inefficiente e colpevole, ha permesso a Riina di continuare a essere Riina.
Tutti i giorni.
Ed è in questo “quotidiano”, e non sull’onda emotiva della notizia del giorno, che deve levarsi la nostra indignazione.
In questo “quotidiano” che dobbiamo finalmente scoprirci cittadini con coscienza civile e combattere questo orrore.

#resistenzeRiccardoLestini

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