THE VELVET UNDERGROUND “Sweet Jane”

Oggi i Velvet Underground sono leggenda, pura mitologia della storia del rock, una delle pochissime band che può dire di averlo inventato, il rock, la band che ha segnato gli esordi dell’immenso Lou Reed.
Nel 1970 però non era così.
Nel 1970, pur se già con tre album monumentali alle spalle, erano solo un gruppo di newyorkesi strambi e squinternati, che facevano musica inascoltabili, volumi troppo alti e testi violenti e perversi che parlavano di droga e fruste di cuoio. Sconosciuti e trascurabili, la cui unica fortuna era stata, tre anni prima, quella di essere stati raccattati da Andy Warhol per il suo show avveniristico.
Per di più, sempre in quel 1970, aveva lasciato il gruppo John Cale, che della band, assieme a Reed, era l’anima.
E pure Lou Reed, alle prese con problemi personali stratosferici, stava per mollare tutto.
Ma proprio in quello sfracello galattico, un passo prima del disfacimento, Lou Reed mise anima e corpo nel quarto e ultimo album della band, “Reloaded”. E soprattutto mise anima e corpo nel singolo, quella “Sweet Jane” con quel riff di chitarra pazzesco che, da cinquant’anni, tutte le rock band del pianeta cercano, senza riuscirci, di ricopiare.
In ogni caso disco e singolo uscì, nessuno se ne accorse come per gli album precedenti e Lou Reed mollò tutto lo stesso e sparì dalla circolazione per un bel po’.
Fu David Bowie a ripescarlo anni dopo, rimetterlo in sesto e ad avviarlo alla carriera solista.
Ma questa è un’altra storia.
In quel 1970 i Velvet Underground si sciolsero, l’altro chitarrista andò a insegnare inglese e la batterista (sì, avevano una batterista donna) si dedicò alla famiglia.
E ci vollero decenni perché il loro nome fosse scritto a caratteri cubitali nella storia del rock.
Così oggi vi pubblico “Sweet Jane” in versione live del 1993.
L’anno in cui si riunirono per un tour mondiale e per far sapere a tutti che, tra i luoghi d’origine del rock, c’è anche, e soprattutto, quel riff di chitarra.
L’anno in cui, avevo sedici anni, scrissi una delle mie prime poesie – un surreale horror in versi – e la protagonista la chiamai Jane proprio per questa canzone che mi incendiava l’adolescenza. E, probabilmente per un errore dei giudici, finii pet vincerci il mio primo concorso.
A tutte le magie che nascono da un riff di chitarra.
Buon sabato a tutti.

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