Clinton-Trump: e se domani poi non succedesse niente?

In queste presidenziali americane che, memoria storica alla mano, sembrano essere le più schizofreniche e convulse di sempre (e ce ne vuole, visto che parliamo di un appuntamento che ogni quattro anni attira su di sé gli occhi ansiosi e smaniosi del mondo intero), domina il clima – favorito da sondaggi molto più che incerti e continuamente messi in discussione – da apocalisse, da anno zero, da punto di non ritorno, da battaglia epocale per le sorti dell’umanità.

Eppure, tra la possibile epocale e apocalittica vittoria della Clinton e la possibile epocale e apocalittica vittoria di Trump, vi è una terza via, una terza possibilità di cui nessuno parla e che nessuno paventa: che martedì prossimo – o meglio mercoledì, a spoglio elettorale ultimato – non succeda niente di niente.

O, quanto meno, niente di clamoroso, niente di lontanamente avvicinabile agli scenari da tregenda che i dibattiti di questi giorni vogliono lasciar intendere. Che, in sostanza, l’indomani di questa estenuante – e spesso grottesca – campagna elettorale, gli Stati Uniti continuino a essere sostanzialmente uguali a se stessi, molto simili, o identici, a ciò che sono sempre stati.

Del resto, sempre memoria storica alla mano, è sempre stato così.

Nonostante il Presidente americano goda di un potere ampissimo, la prima democrazia dell’età moderna e contemporanea ha un sistema di pesi e contrappesi (il congresso, l’FBI, servizi segreti con un peso politico enorme, le lobby, le multinazionali, la borsa… ) che ne limita la libertà d’azione e l’autonomia decisionale in maniera consistente e determinante.

Si pensi, ad esempio e soprattutto, alla rivoluzione annunciata di Obama. Otto anni fa, quando è stato eletto Presidente per la prima volta al termine di un’avventura elettorale a dir poco esaltante, sembrava dovesse cambiare il mondo. Per sempre e in maniera irreversibile.

Doveva essere l’alba dell’età dell’oro della Giustizia e del Benessere mondiali (per i suoi sostenitori) oppure l’inizio della catastrofe senza via d’uscita per gli USA e per il mondo intero (per i suoi detrattori).

Sappiamo bene che non è andata così, che non c’è stata alcuna rivoluzione, né in positivo né in negativo, che Obama, pur essendo stato (almeno a mio avviso) sostanzialmente un buon presidente, in otto anni non ha realizzato nemmeno il 10% delle aspettative.

E se nel profondo non vi è stato alcun significativo cambiamento nell’ottennio del “rivoluzionario” Obama, quale ventata di innovazione potrebbe mai portare la Clinton, ovvero una politica che, nelle vesti più svariate (First Lady, Segretario di Stato, leader dell’opposizione… ), è, almeno da ventiquattro anni e in maniera più o meno continuata, abitante fissa delle stanze più alte, importanti e decisive della politica mondiale? Con risultati spesso discutibili, per lo più.

Ventiquattro anni la cui natura essenzialmente conservativa, e soprattutto il ricordo spesso e volentieri negativo, di fatto cancella, in termini di immagine, l’idea appunto rivoluzionaria di una donna alla Casa Bianca per la prima volta nella storia.

Quanto a Donald Trump, è su di lui che soffiano e si concentrano i più forti venti dell’apocalisse, tanto in patria quanto nel resto del mondo.

Trump è senza dubbio uomo ben più che squallido, ben più che becero, incarnazione del peggior concentrato ideologico possibile di xenofobia, maschilismo, disprezzo dell’intelligenza e qualunquismo. Che riesca effettivamente a tradurre in termini pratici anche solo la metà delle beceraggini inconcepibili espresse in campagna elettorale, è altro discorso.

Va per la maggiore, sia negli USA sia all’estero, il paragone con Hitler. Forse è davvero eccessivo, ma si spera che il sistema di pesi e contrappesi di cui sopra, abbia – specie negli USA – una maturità tale da non renderlo possibile.

Di sicuro, un Trump presidente, sarebbe un segnale molto più che drammatico per lo stato di salute dell’umanità intera. E sarebbe, sicuramente, una presidenza molto più che pessima.

Ma c’è da chiedersi: è davvero possibile fare peggio, così tanto peggio, di George W. Bush? Vale a dire un presidente (che gli americani hanno votato DUE VOLTE) che in otto anni ha trascinato il mondo in una guerra senza fine, che ha fatto scelte che hanno reso la questione del medioriente e del terrorismo islamico da estremamente complicata a irrisolvibile, accompagnando il tutto con un recesso economico e sociale senza precedenti nel secondo dopoguerra?

È davvero possibile fare così tanto peggio di così?

#resistenzeRiccardoLestini

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