Se la lotta alla corruzione diventa immobilismo

Sulla questione delle Olimpiadi a Roma, sono sempre stato dalla parte di Virginia Raggi, della sua giunta e di tutto il Movimento 5 Stelle, condividendone pienamente le scelte.

Davvero non si capisce il motivo logico e sensato che avrebbe dovuto portare a scegliere di investire energie e soldi (tanti, tantissimi soldi) in una manifestazione di certo importantissima e prestigiosissima, ma in una città molto più che in ginocchio, dove le priorità sono talmente tante e così urgenti e drammatiche che, se un minimo di soldi ci sono e arrivano, vanno per forza dirottate a tali priorità (strade, illuminazione, rifiuti, condizione paurosa delle periferie, capitale col debito pubblico più alto del mondo… ).

Assurdo anche solo pensare di mettere soldi per un’olimpiade quando nella città in questione mancano soldi per finanziare palestre per bambini, piscine per disabili e via dicendo.

Pretestuosa, e spesso in mala fede, la voce di chi sosteneva la creazione di posti di lavoro, il rilancio dell’economia che la presenza di un’Olimpiade comporta: punto primo, le città in cui un’Olimpiade ha portato crescita, non c’erano certo le drammaticità di Roma; punto secondo, anche nella più totale trasparenza e assenza di corruzione, i cantieri aperti per una manifestazione a termine come un’Olimpiade non risolvono i problemi, ma tappano buchi temporaneamente.

Certo dà fastidio – almeno a me ha dato fastidio – che all’estero sia uscita l’immagine di un’Italia incapace di organizzare un qualcosa senza cedere alla corruzione, ma la scelta di dire No all’Olimpiade non solo è stata saggia e di buonsenso, ma a mio avviso l’unica possibile.

Di senso opposto invece, la decisione di bloccare i lavori della Linea C della Metropolitana romana.

Non solo non sono d’accordo, ma proprio non riesco minimamente a capirne i motivi.

L’Olimpiade rientra nei cosiddetti “beni secondari” di cui, in situazioni difficili e d’emergenza, possiamo tranquillamente fare a meno. Questa benedetta Linea C – che i romani aspettano da decenni – no, assolutamente no.

Roma, e non c’è bisogno di viverci per dirlo, per quanto riguarda mobilità e trasporto pubblico, è una città impossibile, impossibile e disperante, al punto da riuscire a scoraggiare, nei movimenti, anche il turista più indomito e volenteroso. Nessun’altra capitale europea è così paralizzata.

La Metro C, così come da progetto, non solo sarebbe un consistente alleggerimento del traffico urbano (ormai completamente al di fuori del più elementare livello di guardia), ma risponderebbe anche a una necessità tutta “sociale”: finalmente collegherebbe, in tempi quanto meno umani, la periferia Nord e la periferia Est – storicamente quelle più abbandonate e dimenticate da dio – al centro.

La giunta pentastellata ha decretato lo stop ai lavori. La Metro C (che al momento collega la periferia Est al Pigneto, e lì si ferma) si fermerà al Colosseo, senza proseguire verso Nord, lasciando isolata tutta la periferia in questione.

L’ultima volta che sono stato a Roma, qualche mese fa, proprio in Metro ho conosciuto Francesca, una ragazza di Catanzaro appena trasferita a Roma per lavorare in una farmacia a due passi da San Giovanni. Per attaccare il lavoro alle 8,30 Francesca, che risiede all’estrema periferia di Roma Nord, deve svegliarsi alle 4 in punto e prendere tre mezzi, due autobus e una metro, il primo dei quali passa sotto casa sua alle 4,40.

Tre ore e cinquanta di viaggio, all’interno della stessa città.

La Metro C completata porterebbe questo viaggio assurdo a un’ora.

Occorre che si ascolti Francesca e le mille e passa storie simili alla sua.

Soprattutto dai Cinquestelle, che dello stare in mezzo alla gente e dell’ascoltare la gente hanno fatto la loro bandiera.

Perché la lotta alla corruzione non diventi immobilismo.

#resistenzeRiccardoLestini

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