Il diritto di parola degli insegnanti

Aspetto i dettagli della “riforma” sulla scuola, che saranno resi noti solo la settimana prossima, per parlare seriamente.
Intanto, oggi, scopriamo che un gruppo di insegnanti precari – tra l’altro iscritti al PD – non hanno diritto di parlare. Che nel momento in cui chiedono parola all’iniziativa di oggi del PD e del Premier sulla Scuola (nel corso della quale, tra l’altro, come al solito in concreto non è stato anticipato nemmeno uno straccio di contenuto effettivo di questa fantomatica rivoluzione dell’istruzione), Matteo Renzi gli risponde: “Avete avuto sei mesi per parlare, sono sei mesi che vi ascolto… quindi finiamola con queste buffonate”.
Caro Renzi, se a noi insegnanti ci dai dei buffoni, potrei pure prenderlo come un complimento (visto che la nobile arte della buffoneria è stata ed è esercitata da gente del calibro di Chaplin, Fo, Lenny Bruce e via dicendo), potrei pure dirti che se siamo buffoni nessuno come te può capirci meglio, visto che la tua tecnica performativa – il suspense, l’annunciare continuamente riforme il cui contenuto lo sveli subito all’ultimo secondo – l’hai copiato pari pari dai saltimbanchi e dai buffoni.
Invece ti dico: ma non ti vergogni?
Non ti vergogni di liquidare come “buffonata” la disperazione di donne e uomini ingiustamente precari e sottostimati da anni?
Non ti vergogni a dire che ci hai ascoltato per sei mesi? Ascoltato? Per te quello scempio di questionario on line che ci hai caldamente consigliato di compilare sarebbe un ascolto?
Davvero Matteo… ma non ti vergogni?