Le grandi macerie

Mentre al Giglio risollevano il Concordia, l’Italia affonda. Non che il naufragio del nostro paese sia poi questa grande novità, ma di sicuro nelle ultime settimane c’è stata un’accelerazione impressionante e senza precedenti alla spinta nel precipizio.
Tutto ruota attorno, in queste settimane, a due domande all’apparenza drammatiche, decisive e fondamentali, nonché inesorabilmente intrecciate tra loro: il governo Letta regge o non regge? Berlusconi decade o non decade? Ma tutto questo all’apparenza appunto. Perché proprio queste domande, almeno a mio avviso, nascondono le grandi macerie, il precipizio più orrendo possibile in cui stiamo precipitando.
Andiamo con ordine. La tenuta del governo Letta. Ora la domanda reale non dovrebbe essere tanto se l’esecutivo delle larghe intese regge o non regge e per quanto regge. La vera domanda è: perché dovrebbe reggere? Su quali presupposti? Prima di tutto, è un governo non tanto traversale per le forze eterogenee che lo compongono, quanto un governo ubiquo: contemporaneamente governa, si fa opposizione e si chiede garanzie per restare nell’esecutivo con se stesso. L’arsenale di approfondimenti politici televisivi che puntualmente, con l’avvento dei palinsesti autunnali, ritorna a invadere la seconda serata, ne è la prova del nove: prima c’era l’esponente del centrodestra che approvava il suo operato ed era contestato dall’esponente del centrosinistra, e viceversa, oggi c’è un qualsiasi esponente, PD o PDL che sia, che si approva e si contesta da solo. In sostanza: prima questi programmi tv erano pollai urlanti, oggi sono drammi beckettiani in piena regola.
Oltre al PD e PDL, nel governo di larghe intese troviamo Mario Monti, che benché con Scelta Civica sia dentro il governo dal primo giorno adesso pone condizioni (quali non è dato sapere con esattezza, a chi nemmeno) per restarci, e Casini, che sostiene pure lui il governo ma adesso dopo un tardivo antiberlusconismo e un flirt fallimentare con il PD torna a sognare il centrodestra moderato. In ogni caso il governo Letta avrebbe in teoria una percentuale di sostegno bulgara, con l’opposizione, tolti i piccoli gruppi, ridotta sostanzialmente alla sola truppa grillina. Ed è proprio in questa amplissima maggioranza che brilla in tutto il suo splendore l’assurdità della domanda ‘il governo Letta regge o non regge?’. Perché a volerlo far cadere sono principalmente il PD, il PDL, Scelta Civica e Casini, mentre a non volerlo far cadere sono principalmente il PD, il PDL, Scelta Civica e Casini. Lo vuol far cadere il PD, anzi lo vogliono far cadere Renzi e i renziani, perché Renzi ha fretta di fare le primarie, candidarsi premier e – parole sue – ‘asfaltare’ la destra. Sicuro di vincere, anzi di stravincere. E probabilmente, a mio avviso, il sindaco di Firenze ha anche ragione. Probabilmente, con lui candidato premier, il centrosinistra si riprenderebbe il palazzo. Però attenzione, attenzione a tutti quelli che vedono in Renzi il salvatore delle italiche sorti: Renzi non è di destra, non è liberal moderato e non è nemmeno di sinistra, è semplicemente figlio di questi tempi, un leader senza colore con varie spruzzate di calcolato populismo e ancor più calcolato giovanilismo, un leader personalistico che non rappresenta nient’altro al di fuori di se stesso, un one man show egotico e narciso, autentico genio della politica spettacolo: con lui al governo e Grillo all’opposizione, il parlamento somiglierebbe molto alla depandance del Teatro Tenda. In ogni caso, se il governo lo vuol far cadere il PD di Renzi e dei renziani, il PD di D’Alema, il PD di Bersani e il PD di Franceschini non lo vogliono far cadere. Anzi sì, lo vogliono far cadere, ma in altri modi, i cui dettagli sono segreti di cui non è dato sapere altro. Poi il governo lo vuol far cadere il PDL di Alfano, che è sì vicepremier, ma se viene votata la decadenza del senatore Berlusconi non ha più senso continuare. E se il governo lo vuol far cadere il PDL di Alfano, allora non lo vuol far cadere il PDL di Alfano, perché è vicepremier, e deve essere responsabile e leale. Però i falchi pressano, e pressano pure le colombe. E la decadenza o meno di Berlusconi è sempre più il crocevia decisivo delle scelte del centrodestra.
Ma anche qui la domanda, direbbe Guzzanti/Quelo, è malposta. Non ci si dovrebbe tanto chiedere se sia legittimo o meno far decadere Berlusconi, ma: cosa c’entra il destino giudiziario di un senatore, anche se tre volte Presidente del Consiglio, con la tenuta o meno di un governo? Dove sta la gravità, o addirittura l’irresponsabilità, di impedire che un condannato per frode fiscale in via definitiva possa ricoprire la carica di senatore? Perché un processo, tra l’altro concluso, deve paralizzare la vita politica di un intero paese? Perché se gli Stati Uniti hanno fatto a meno di Nixon, l’Italia non può fare a meno di Berlusconi?
Nonostante l’assurdità di un governo che fa opposizione ubiqua e trasversale a se stesso, nonostante l’assurdità di un governo sotto ricatto dalle vicende di un condannato, torno a chiedere: perché dovrebbe reggere? Su quali presupposti? Tutti, da destra a sinistra e da sinistra a destra, dicono che il governo deve reggere perché sarebbe da irresponsabili farlo cadere, deve reggere per il bene dell’Italia. Ma qual è il bene dell’Italia? O meglio: cosa ha fatto concretamente questo governo per guadagnarsi la non destituzione? Cosa ha fatto concretamente questo governo per il bene dell’Italia? Senza polemica, senza aggressione, io dico niente. Questo governo non ha fatto niente. Doveva essere un governo di larghe intese al di là degli schieramenti ed ha finito per farsi ricattare dai veti incrociati, doveva soprattutto fare una legge elettorale che garantisse, alla prossima tornata, un governo stabile al paese e di legge elettorale non se ne discute nemmeno. Ha sbandierato una ripresa economica inesistente, ha presentato l’abolizione dell’IMU come una rivoluzione senza sapere dove recuperare i soldi perduti, non ha ancora stoppato l’aumento dell’IVA e ha ulteriormente ridotto i fondi per scuola e sanità. Ha promesso nuovi fondi per la ricerca per tamponare l’irrefrenabile fuga di cervelli per poi dimezzare le borse di dottorato. Non ha salvato le piccole e medie imprese dal tracollo, e il numero di precari, cassa integrati e disoccupati è ulteriormente cresciuto. Un gigantesco concorso pubblico per gli insegnanti è bloccato da oltre sei mesi alla seconda prova delle tre previste, è iniziato il peggior anno scolastico della storia della Repubblica, con gli istituti senza insegnanti, le nomine che non arrivano e i presidi costretti a rimandare i ragazzi a casa alle 11,30 per insufficienza di personale, perché non ci sono soldi per pagare straordinari e supplenti giornalieri.
Torno a chiedere: in virtù di quale bene nazionale il governo dovrebbe restare in sella?
Forse il governo cadrà in tempi brevi. O forse no. Forse Renzi vincerà le prossime elezioni, con o senza nuova legge elettorale. Forse il PD resterà attaccato a se stesso e alle sue centomila anime. Forse rinascerà Forza Italia. Forse la Meloni e La Russa riaggregheranno una nuova forza a destra di Forza Italia. Forse Berlusconi sarà il leader occulto del nuovo centrodestra. O forse continuerà a esserne il leader palese.
In un caso o nell’altro, una certezza ce l’abbiamo: scuole, ospedali e università cadranno a pezzi, aprire una partita iva sarà una scommessa sulla vita, fare un figlio un azzardo, la pretesa di un posto sicuro una barzelletta, le piccole e medie imprese naufragheranno in un mercato inesistente. Chi avrà la forza, il coraggio e la possibilità, emigrerà lontano, lontanissimo. Gli altri resteranno. E resisteranno, provando a sopravvivere, esodati, cassaintegrati, disoccupati, precari, in un incontro di boxe incessante per arrivare in qualche modo a fine mese. Respirando merda e pestando macerie.

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