A proposito dei siti di incontri

Da un report molto approfondito effettuato dal Centre for Economics and Business Research, apprendo che l’Italia risulta il paese più attivo d’Europa nel campo dei siti di incontri, con ben 9 milioni di persone iscritte e attive al 31 dicembre 2017, un numero pari al 15% dell’intera popolazione nazionale e in continua crescita.
Dallo stesso report apprendo che di siti simili ne esistono a decine, da quelli più generici a quelli creati per soddisfare le esigenze più specifiche: per solo sesso, per anziani, per ricchi, per cattolici praticanti, per musulmani, per amanti dell’heavy metal. Tutti, ovviamente, dotati di motori di ricerca che affinano ulteriormente le richieste: altezza, peso, corporatura, interessi, sport praticati, matrimoni alle spalle, colore dei capelli e degli occhi.
Allo stesso modo di quando si cerca una casa in affitto o un’auto usata, è possibile cercare un appuntamento con persone fabbricate su misura sulle proprie pretese ideali.
Ancora il report mi informa che – di nuovo nell’anno solare 2017 – i siti di incontri hanno prodotto, solo in Italia, tra quote di iscrizioni e spese connesse ai primi appuntamenti, un giro di oltre 7 miliardi di euro. Se parliamo degli utili netti, sempre annuali, di questi brand, allora ragioniamo su cifre che si aggirano intorno ai 300 milioni.

Il mio stupore davanti a questi dati, stupore di una persona che non solo non ha mai messo piede in queste piattaforme ma che se ne è sempre totalmente disinteressato, non è né vuole essere una pretesa di superiorità o un chissà quale sguardo dall’alto verso il basso. Non intendo davvero giudicare nessuno. Ma il fatto che un numero enorme e sempre crescente di persone scelga (perché è di scelta che si tratta, e non, salvo rarissimi casi, di costrizione dettata da cause di forza maggiore) di assemblare e costruire l’incontro perfetto, la relazione extraconiugale perfetta, il fidanzamento perfetto o il matrimonio perfetto sfogliando un catalogo di foto e profili, con modalità molto simili a quelle con cui si assembla il mobilio all’Ikea, mi amareggia e soprattutto mi inquieta.
Mi inquieta sapere che sempre più persone preferiscano un motore di ricerca precostituito all’imprevedibilità della strada, il mutismo di uno schermo al caos di un’uscita, il menù e l’ordinazione al gioco del caso e del possibile. Il virtuale al corporeo, l’immateriale alla pelle, ai profumi, all’improvviso e inatteso guardarsi e piacersi.

La dittatura dei consumi e del consumismo nella società contemporanea, come ammoniva Pasolini già più di quarant’anni fa, è un processo inarrestabile in cui tutti, giocoforza, finiamo inevitabilmente per esserne tanto vittime quanto artefici.
Ma almeno una cosa era sempre sfuggita a questa mercificazione di massa, a questo inevitabile farsi mercato di ogni cosa: i sentimenti, il piacersi, lo scegliersi.
Tra le poche (le uniche?) scelte che continuavamo a fare senza condizionamenti pubblicitari.
Oggi, a quanto pare, non più.

#resistenzeRiccardoLestini

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