Questo tram è leghista

Prima o poi dovremo pur raccontarlo a qualcuno. Ai figli, ai nipoti, alle generazioni future che verranno. Dovremo raccontargli tutto e probabilmente non ci crederanno. Saranno storie che avranno lo stesso effetto che avevano su di noi le favole: magari facevano anche paura (il lupo di Cappuccetto Rosso, la strega di Biancaneve…), ma tanto poi si sapeva che erano mica vere.
Proveremo a parargli dell’importanza e della ricchezza di una società multietnica, proveremo a narrare di come migliaia e migliaia di persone, negli Stati Uniti ai tempi del Ku Klux Klan o nell’Europa devastata dal nazifascismo, abbiano sacrificato la loro vita per lottare contro la segregazione razziale e per l’uguaglianza dei popoli.
Sarà un tentativo inutile. Perché avranno ricevuto in eredità l’Italia che si sta costruendo in questi giorni: uno stato chiuso, fondato sul terrore del diverso e dello straniero, uno stato disumano che respinge brutalmente barche di disperati in fuga da paesi in guerra. Uno stato dove i tram saranno dotati di scompartimenti esclusivi per soli milanesi (o per soli veneziani, o per soli bolognesi, e così via…).
Nemmeno si stupiranno. Sarà normale, assolutamente normale leggere alle fermate cartelli del tram “QUESTO TRAM E’ MILANESE”. Come sarà normale vedere in ogni straniero un potenziale nemico, un potenziale assassino, un potenziale terrorista.
Non potremo nemmeno appellarci ai libri di storia per convincerli: saranno spariti, e la storia si studierà sui libri di Bruno Vespa. E non potremo nemmeno disperarcene più di tanto, perché la colpa sarà anche e soprattutto nostra.
L’unica cosa che potremo fare sarà ricordare anni lontani e sbiaditi, quando la Lega era all’opposizione e Borghezio girava i treni locali della Padania assieme a “selezionatissimi” volontari del Carroccio, tutti armati di spray disinfettante per “purificare” e “sterilizzare” sedili e scompartimenti occupati da meridionali ed extracomunitari, ed evitare che i loro germi di “esseri impuri” si mescolassero e contaminassero il sangue immacolato dei bravi e onesti padani. Ricordarci come queste virili scorribande di padano orgoglio ci apparivano come puro e semplice folclore.
Ricordarci quando poi andarono al governo nel 2001, e minacciavano l’uso dei cannoni contro i gommoni degli immigrati clandestini. E ricordarci come, visto che la loro presenza nel governo era assolutamente secondaria, quasi ininfluente per la tenuta dell’esecutivo, sminuimmo ogni loro sboronata.
E ricordarci, infine, quando divennero a tutti gli effetti la seconda forza di governo, e dal cilindro della loro mai sopita paranoia razzista estrassero l’ennesimo capolavoro: gli scompartimenti dei tram per soli milanesi. E di come ormai, eravamo assolutamente impotenti e incapaci di fermarli.
Assalti selvaggi agli extracomunitari, ronde di cittadini in armi, tram segregati. Come chiamare tutto questo? Segregazione? Becero razzismo? Ipotesi di crimine contro l’umanità? Leggi razziali?
Niente di tutto questo. Perché l’Italia che si sta costruendo in questi giorni, sotto i nostri stessi occhi immobili, è un paese senza più memoria. Un paese che proclama il 25 aprile festa di tutti (ma tutti chi??), un paese che nega che ci siano mai state, in passato, leggi razziali.
O meglio: ci furono, ma furono una burla, uno scherzo, una cosa all’acqua di rose. Perché Mussolini era buono, era giusto, faceva battere i nostri petti d’italico orgoglio. Era ingenuo semmai. Talmente ingenuo da farsi soggiogare, circuire, ingannare da Hitler. E guai, guai, a paragonare, anche solo lontanamente, fascismo e nazismo.
Perché questa è la Storia, con la s maiuscola, che viene raccontata, ogni settimana nei salotti di Bruno Vespa e affini dall’onnipresente Alessandra Mussolini, sfacciata, arrogante, volgare, che ride in faccia ai documenti, alle fonti dirette, ai racconti dei parenti delle vittime trucidate da quella spietata dittatura che porta il suo cognome.
Perché questa è l’Italia, così oggi e così, forse, anche domani. Un’Italia dove la memoria storica è diventata un affare di famiglia. La famiglia Mussolini, per l’esattezza. E che importa se è già un affronto al più elementare buongusto che il cognome simbolo di uno spietato ventennio che ha portato solo morte e distruzione sieda tranquillamente sui banchi del governo?
Ma basta con le domande. Alzatevi in piedi semmai: quel posto è riservato.

Prima o poi dovremo pur raccontarlo a qualcuno. Ai figli, ai nipoti, alle generazioni future che verranno. Dovremo raccontargli tutto e probabilmente non ci crederanno. Saranno storie che avranno lo stesso effetto che avevano su di noi le favole: magari facevano anche paura (il lupo di Cappuccetto Rosso, la strega di Biancaneve…), ma tanto poi si sapeva che erano mica vere.
Proveremo a parargli dell’importanza e della ricchezza di una società multietnica, proveremo a narrare di come migliaia e migliaia di persone, negli Stati Uniti ai tempi del Ku Klux Klan o nell’Europa devastata dal nazifascismo, abbiano sacrificato la loro vita per lottare contro la segregazione razziale e per l’uguaglianza dei popoli.
Sarà un tentativo inutile. Perché avranno ricevuto in eredità l’Italia che si sta costruendo in questi giorni: uno stato chiuso, fondato sul terrore del diverso e dello straniero, uno stato disumano che respinge brutalmente barche di disperati in fuga da paesi in guerra. Uno stato dove i tram saranno dotati di scompartimenti esclusivi per soli milanesi (o per soli veneziani, o per soli bolognesi, e così via…).
Nemmeno si stupiranno. Sarà normale, assolutamente normale leggere alle fermate cartelli del tram “QUESTO TRAM E’ MILANESE”. Come sarà normale vedere in ogni straniero un potenziale nemico, un potenziale assassino, un potenziale terrorista.
Non potremo nemmeno appellarci ai libri di storia per convincerli: saranno spariti, e la storia si studierà sui libri di Bruno Vespa. E non potremo nemmeno disperarcene più di tanto, perché la colpa sarà anche e soprattutto nostra.
L’unica cosa che potremo fare sarà ricordare anni lontani e sbiaditi, quando la Lega era all’opposizione e Borghezio girava i treni locali della Padania assieme a “selezionatissimi” volontari del Carroccio, tutti armati di spray disinfettante per “purificare” e “sterilizzare” sedili e scompartimenti occupati da meridionali ed extracomunitari, ed evitare che i loro germi di “esseri impuri” si mescolassero e contaminassero il sangue immacolato dei bravi e onesti padani. Ricordarci come queste virili scorribande di padano orgoglio ci apparivano come puro e semplice folclore.
Ricordarci quando poi andarono al governo nel 2001, e minacciavano l’uso dei cannoni contro i gommoni degli immigrati clandestini. E ricordarci come, visto che la loro presenza nel governo era assolutamente secondaria, quasi ininfluente per la tenuta dell’esecutivo, sminuimmo ogni loro sboronata.
E ricordarci, infine, quando divennero a tutti gli effetti la seconda forza di governo, e dal cilindro della loro mai sopita paranoia razzista estrassero l’ennesimo capolavoro: gli scompartimenti dei tram per soli milanesi. E di come ormai, eravamo assolutamente impotenti e incapaci di fermarli.
Assalti selvaggi agli extracomunitari, ronde di cittadini in armi, tram segregati. Come chiamare tutto questo? Segregazione? Becero razzismo? Ipotesi di crimine contro l’umanità? Leggi razziali?
Niente di tutto questo. Perché l’Italia che si sta costruendo in questi giorni, sotto i nostri stessi occhi immobili, è un paese senza più memoria. Un paese che proclama il 25 aprile festa di tutti (ma tutti chi??), un paese che nega che ci siano mai state, in passato, leggi razziali.
O meglio: ci furono, ma furono una burla, uno scherzo, una cosa all’acqua di rose. Perché Mussolini era buono, era giusto, faceva battere i nostri petti d’italico orgoglio. Era ingenuo semmai. Talmente ingenuo da farsi soggiogare, circuire, ingannare da Hitler. E guai, guai, a paragonare, anche solo lontanamente, fascismo e nazismo.
Perché questa è la Storia, con la s maiuscola, che viene raccontata, ogni settimana nei salotti di Bruno Vespa e affini dall’onnipresente Alessandra Mussolini, sfacciata, arrogante, volgare, che ride in faccia ai documenti, alle fonti dirette, ai racconti dei parenti delle vittime trucidate da quella spietata dittatura che porta il suo cognome.
Perché questa è l’Italia, così oggi e così, forse, anche domani. Un’Italia dove la memoria storica è diventata un affare di famiglia. La famiglia Mussolini, per l’esattezza. E che importa se è già un affronto al più elementare buongusto che il cognome simbolo di uno spietato ventennio che ha portato solo morte e distruzione sieda tranquillamente sui banchi del governo?
Ma basta con le domande. Alzatevi in piedi semmai: quel posto è riservato.

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