Ehy, ma tu ti ricordi Candy Candy?

CANDY CANDY, ovvero la storia di una bambina abbandonata da neonata davanti a un orfanotrofio (n.b.: mentre nevica di brutto in pieno giugno) assieme a un’altra bimba. L’altra bimba fanno a gara ad adottarla e alla fine va in una famiglia ricca e buona, mentre a lei nessuno la vuole, l’unico che la consola è un ragazzetto fuori di testa che gira per le colline dell’Indiana in kilt suonando la cornamusa e alla fine viene adottata da una famiglia di maniaci per fare da toy girl alla figlia minore, una pericolosa psicopatica che la bullizza a più non posso (roba che Cenerentola scansate) fino a che non la fa vendere a una banda di balordi alcolizzati che la portano a fare la sguattera in Messico. La salvano tre ragazzi talmente affezionati a lei che convincono il potentissimo zio (che nessuno vede mai, entità astratta tipo il megadirettore fantozziano) ad adottarla, lei è ovviamente felice e si innamora anche di uno dei tre, un biondino identico al matto della cornamusa (ma non è lui), solo che il biondino muore cadendo da cavallo durante una caccia alla volpe organizzata apposta per lei, per darle il benvenuto in famiglia. Lei a questo punto dovrebbe andare in analisi, ma il potentissimo e misterioso zio la manda a studiare nel college più esclusivo del mondo, in Inghilterra, dove tra l’altro ritrova la bimba abbandonata con lei, che nel frattempo però è diventata una stronza olimpica che la prega di non rivelare a nessuno il loro passato perché si vergogna. In compenso si invaghisce di un tizio con problemi giganteschi (tra le altre cose ha un rapporto morbosissimo con le pecore, gode nell’immobilizzarle e tosarle con violenza), che però è un bonazzo da paura, ricco, nobile, che suona l’armonica ed è figlio di una attrice famosa e ancora più bonazza di lui. Dai e dai alla fine il bonazzo la bacia, ma lei lo schiaffeggia con una violenza che manco Tyson. Poi però ci ripensa e si infrattano nelle stalle del college, dove però non consumano perché li sgama la ferocissima nazidirettrice, che espelle lei (perché è una povera orfana) e perdona lui (perché ha la mamma famosa). Ma lui che è bello e dannato, si prende tutta la colpa, si autoespelle e torna negli Stati Uniti. Lei, commossa, scappa dal college per andarsene con lui, ma perde la nave per un soffio. A questo punto per tornare negli Stati Uniti sbaglia strada sedici volte, nove delle quali la rapiscono personaggi sempre più balordi, si salva più o meno a culo e tra una nave persa e l’altra capisce che la sua vocazione è fare l’infermiera. Arrivata negli Stati Uniti si ricorda del bonazzo e comincia a cercarlo ovunque e per una decina di volta lo perde per un secondo (una volta arriva che la tazza di té che lui ha bevuto è ancora calda e in pieno delirio feticista la annusa per tre ore). Studia per diventare infermiera e ci riesce, va a lavorare in un prestigioso ospedale di Chicago dove colleziona un numero abominevole di casi umani, storie tragiche e deliri di ogni sorta. Mentre tra lei e il bonazzo continua a essere il festival degli incontri mancati per un pelo, la ragazza ritrova in ospedale un vecchio amico, una specie di hippy ante litteram che viveva in una casetta nel bosco insieme a una cinquantina di animali e che adesso, dopo aver fatto la Grande Guerra da volontario, ha perso la memoria. Vanno a vivere insieme, ovviamente da amici e solo amici, e lei fa di tutto per farlo guarire. Il bonazzo nel frattempo è diventato un grande attore ma è sempre innamorato di lei, e per confidarle finalmente i suoi sentimenti e iniziare una vita insieme la invita alla prima di Romeo e Giulietta, dove recita assieme a un’attrice che come un polpo assassino cerca di farselo in tutti i modi. Lui non ci sta, ma l’attrice polpo è innamorata al punto che quando sul palco un faretto sta per precipitare addosso al bonazzo, lei si immola salvandolo e perdendo una gamba. A quel punto l’attrice polpo giocando sul senso di colpa di lui, lo costringe a restarle accanto tutta la vita, ma quando capisce che il bonazzo è innamorato dell’infermiera tenta il suicidio. Ovviamente la salva lei, l’infermiera, che si immola per la milionesima volta facendosi da parte e lasciando il bonazzo al polpo. Come se non avesse abbastanza casini, ecco che rispunta il suo ex fratellastro, quello della famiglia di psicotici, che così, a cazzo di cane, le dichiara il suo amore; lei rifiuta, ma l’ex sorellastra, quella che la bullizzava da piccina, s’incazza e per vendetta la fa licenziare da tutti gli ospedali del regno.
Alla fine lei trova lavoro in una piccola clinica, scopre che il misterioso zio è in realtà l’hippy smemorato (non solo: è anche il rincoglionito del kilt, quello dell’inizio… mah… ) e legge un articolo in cui dicono che il bonazzo ha divorziato dal polpo.
C’è da sperare un lieto fine, ma visti i precedenti mentre scorrono i titoli di coda puoi pensare solo alle peggiori catastrofi…
Ecco, tutta questa IGNOBILE SEQUELA DI SFIGHE E TRAGEDIE, ce la presentavano con L’INGANNO di una sigla che diceva:
CANDY è poesia (e fin qui passi, che il concetto di poesia è relativo… chi siamo noi per contestare cosa è e cosa non è poesia… )
CANDY è l’armonia (eh? Eh?????? l’armonia???????? ma avete capito di cosa stiamo parlando???)
CANDY CANDY è simpatia (simpatia???? ma scherziamo???? cadono da cavallo, vendono i bambini, sono tutti stronzi, i buoni muoiono come cani…. che cazzo di simpatia sarebbe????)
è zucchero filato (zucchero filato??????? ma voi vi drogate!!!!)
Comunque, per farla breve… è ovvio che dalla mia generazione (ovvero quelli nati negli anni settanta) non poteva uscire niente di buono…

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