Il trasloco

Stamattina ho fatto un trasloco.

Ero a scuola a fare gli esami di riparazione (per i non addetti ai lavori: sì, gli esami di riparazione non si fanno quasi più a settembre, la maggior parte delle scuole li fa l’ultima settimana di agosto e alcune, appunto, a metà luglio… e sì, potrebbe essere l’ennesima occasione per parlare dei famosi tre mesi di vacanza, ma per stavolta soprassediamo), e visto che ho ottenuto il trasferimento richiesto e dal 1 settembre entrerò in servizio in una nuova scuola, ne ho approfittato per vuotare i miei cassetti.
Non pensavo di aver accumulato così tanta roba: tre scatoloni pieni di libri, dispense e altro stipati e pressati nel portabagli della macchina.
Una specie di trasloco, per l’appunto.

Nel mio primo romanzo, “Amore e disamore”, c’era un piccolo passaggio dedicato ai traslochi.
Scrivevo che questo “rito di pacchi pacchetti e cartoni […] fa impressione, perché impacchetti la tua vita e vederla entrare in appena due o tre viaggi di macchina fa sussultare e stringe il cuore”.
Ed è solo in quel momento, impacchettando e caricando, che ti rendi conto che stai abbandonando qualcosa, che stai chiudendo un capitolo. Solo in quel momento che sei veramente costretto a ricordare tutto ciò che è stato e a rifletterci su.
Probabilmente, senza arrivare a niente.

E per l’appunto solo oggi, in questa specie di mini trasloco, mi sono reso conto davvero di un capitolo che si sta chiudendo e di un altro tutto nuovo che sta per aprirsi.
Solo oggi mi sono reso conto di abbandonare qualcosa. E solo oggi mi sono fermato davvero a pensare.
Probabilmente, o meglio sicuramente, non arriverò a niente.
E, come scrivevo nel mio romanzo, non posso fare a meno di guardare questi anni di vita stipati in qualche scatolone con impressione. E non posso fare a meno di sussultare e di sentire il mio cuore che si stringe.

Sotto la pioggia, tra l’altro e per di più…

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