Caro Giovanni Lindo…

Caro Giovanni Lindo,
probabilmente se ti incontrassi, se ci vedessimo faccia a faccia, il primo istinto sarebbe quello di mandarti affanculo. Esatto, hai capito bene, proprio affanculo. Perché tu, mito e faro della mia giovinezza – che sì, sarà pure stata una giovinezza bruciata, ma sempre mito e faro resti, e in spiaggia, ai tempi che in spiaggia ci andavamo in anfibi, kephia e frizzantino Zonin d’ordinanza, cantavamo orgogliosi e a squarciagola “non studio non lavoro non guardo la tv, non vado al cinema non faccio sport”, che era il nostro inno di misera X generation, mentre la sera, sempre in spiaggia, o pomiciavamo sulle note di “Annarella” oppure vomitavamo strippando su “Emilia paranoica” (tranne Saverio, che era un pervertito e correva lungomare tutto nudo e reggendosi il pisello gridava “Spara Juri spara”) – tu insomma, mito il cui concerto veniva dopo pochissime altre cose, mi hai spiazzato, deluso e fatto incazzare troppe volte.
Che va bene che solo gli idioti non cambiano mai idea, ma mi pare che nel tuo caso si sia un pochino esagerato.
Che soprattutto non ho ancora finito di chiedermi se sei un pericoloso psicopatico o se semplicemente ci stai prendendo per il culo da quarant’anni.
Confesso che sempre più spesso propendo per questa seconda ipotesi. Poi però capita che ti riascolto.
Soprattutto che riascolto canzoni come questa.
E allora mi riappacifico. O meglio, non è che mi riappacifico, ma semplicemente non me ne frega più un cazzo se mi prendi per il culo o sei un pazzo furioso.
Ci sono versi immensi come “quietami i pensieri e le mani, in questa veglia pacificami il cuore” che ogni volta mi commuovono. E che soprattutto danno senso a ogni cosa: anche a quelle spiagge, anche al frizzantino, anche a quel maniaco di Saverio.
Anche alla mia generazione strampalata e disperata.
Perciò grazie.
E vaffanculo.

 

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