Lucio Dalla – “Cara”

C’erano Bruno e Mauro, d’estate, che erano più grandi e suonavano la chitarra. Spesso suonavano per tutti, sparavano classiconi da far cantare a squarciagola a tutti quanti, grandi e piccini. Oppure scimmiottavano i tormentoni di quegli anni lì.
E quegli anni lì erano gli anni 80 e c’erano le Rifle cancellabili e i jeans a vita alta, i profilattici Control che facevano l’amore con te e i palloni Tango, Maradona e Platini, Cecchetto a DJ Television e Baudo dappertutto.
C’erano stagioni lente e colori pastello. E c’erano Mauro e Bruno che a volte si staccavano da tutti e andavano al muricciolo mezzo franato a suonarsi e cantarsi quelle canzoni che non si fanno in coro.
E la loro preferita era questa qui, e mentre il 1985 diventava 1986 e l’estate del 1987 precipitava nell’inverno del 1988 senza che nemmeno ce ne accorgessimo, su quel muricciolo cascante e in rovina parole e note restavano rapprese, e ogni vento che sollevava polvere tra i mattoni franati soffiava quanti capelli che hai non si riesce a contare, sposta la bottiglia e lasciami guardare se di tanti capelli ci si può fidare, che ho scritto una canzone per ogni pentimento e devo stare attento a non cadere nel vino o a finir dentro i tuoi occhi se mi vieni più vicino.
Oggi il muricciolo non c’è più, non ci sono più Bruno e Mauro e non c’è più quella masnada chiassosa di grandi e piccini.
Solo “Cara” resta, a battere il tempo di ogni nostro amore impossibile, improbabile, stupendamente cretino e meravigliosamente ridicolo.
E per uno come me poveretto che voleva prenderti per mano e cascare dentro un letto, che pena, che nostalgia, non guardarti negli occhi e dirti un’altra bugia…

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