Franco Battiato – “Centro di gravità permanente”

Gli anni 80 furono autentiche montagne russe. Splendori e miserie si alternarono vertiginosamente, senza soluzione di continuità alcuna vette altissime si incastonarono tra baratri nerissimi e impressionanti.
Così, tra il trash più disinvolto ed esibito, il cattivo gusto più cafone sbandierato orgogliosamente come virtù e la spazzatura trasformata in mitologia, apparvero perle lucentissime e capolavori da togliere il fiato.
“La voce del padrone”, album più che leggendario del maestro Battiato, fu una di queste perle. Non solo un grande disco, ma una delle pubblicazioni più importanti e decisive della storia della musica italiana. Uno dei rari miracoli in cui qualità altissima si sposa a un riscontro nazionalpopolare di larghissimo raggio (oltre un milione di copie vendute, cifra mai toccata prima di allora da un LP italiano).
Di quelle montagne russe, di quella tragica e allegrissima inconsistenza che fu la matrice più forte del decennio, quel disco fu il canto più vero, il dipinto più azzeccato, i versi che con ironia caustica e corrosiva seppero cogliere il nulla e il caos che ci circondava.
E il bisogno di quel centro di gravità permanente che, ancora oggi, quasi quarant’anni dopo, non siamo riusciti a trovare.

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