Fabrizio De André – “Hotel Supramonte”

Nel 1981, tre anni dopo la terribile esperienza del sequestro, Fabrizio De André pubblicò l’album “L’indiano”, dove i riferimenti, più o meno impliciti e più o meno diretti, a quel dramma personale, abbondano e traboccano.
E, proprio a metà disco, c’è “Hotel Supramonte”, che del sequestro è il canto defintivo e più alto, il supremo racconto, sfacciatamente autobiografico, della passione, della tragedia, delle lacrime e della speranza di un uomo e una donna legati a una corda per oltre cento giorni, a patire freddo e fame, sospesi tra la vita e la morte eppure insieme, inscindibili e inseparabili.
Un canto d’amore assoluto per Dori Ghezzi (grazie a te ho una barca di scrivere, ho un treno da perdere… e un invito all’Hotel Supramonte dove ho visto la neve sul tuo corpo così dolce di fame, così dolce di sete), una dichiarazione d’eternità a cuore aperto e sanguinante (ma se ti svegli e hai ancora paura, ridammi la mano… cosa importa se sono caduto, se sono lontano).

Non è necessario conoscere questa storia.
La poesia di queste note è così immensa che la canzone commuove e spezza le gambe anche senza sapere cosa l’ha ispirata.
Ma di certo saperla, la rende ancora più immensa.

Passerà anche questa stazione senza far male…
Passerà questa pioggia sottile come passa il dolore…

#jukebox
#gliAnniOttantaInMusica

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