Mia Martini – “Dillo alla luna”

Si chiamava Domenica Rita Adriana Berté. Per tutti Mia Martini o, più semplicemente, Mimì.
Una donna immensa, gigantesca, dolorosa e tormentata, esplosiva e sensuale, tenera e potente, fragile e complicata, un abisso spettacolare di emozioni, sentimenti e colori.
In una parola: straordinaria.
Il grande successo lo aveva conosciuto prestissimo, Mimì.
Con quella sua voce semplicemente unica, infinita, dolente e miracolosa, vibrante e sbalorditiva, capace di graffiare le corde più nascoste dell’anima, era stato fin troppo facile e scontato conquistare l’Olimpo della musica. Tanto di quella nazionalpopolare (il Premio della Critica a Sanremo lo inventarono per lei, per dare un riconoscimento a quella grandezza che restava esclusa dal podio del giudizio popolare, visto che a un primo ascolto Mimì quasi mai “piace” nel senso più classico, ma sempre inquieta e sconquassa), quanto di quella d’autore (fu a lungo la musa di Ivano Fossati).
Ma quel successo, così come presto era arrivato, altrettanto presto svanì.
Colpa di una storia talmente assurda che è quasi impossibile crederci. Si cominciò a dire che Mimì portasse sfortuna, che la sua sola presenza fosse capace di scatenare le più devastanti sventure. Incredibile e pazzesco, ma questa storia assurda da superstizione medievale e caccia alle streghe, la esiliò dalle scene relegandola negli angoli più bui del silenzio e dell’oblio.
Poi tornò. Con forza, coraggio e con quel suo incalcolabile talento, Mimì tornò a riprendersi quelle scene da cui era stata cacciata con altre e nuove perle incredibili.
Ma quelle dicerie assurde erano dure a morire e, soprattutto, troppo dolore e troppa solitudine erano ormai dentro Mimì.
Così se ne andò. Troppo giovane e troppo nella.
Ancora oggi si discute se fu suicidio o tragico incidente. Non credo sia molto importante. Comunque sia andata, Mimì fu uccisa dalla cattiveria del mondo.
Avrei potuto scegliere altre canzoni sue, più celebri e più belle (La costruzione di un amore, Minuetto, Almeno tu nell’universo, tanto per dirne qualcuna). Ho scelto questa, scritta e pure cantata da Vasco Rossi, per quella rabbia, quel graffio disumano con cui Mimì riesce a cantarla. E per vedere come una canzone semplicemente discreta, con la sua voce, possa diventare celestiale.
Il miracolo che riesce ai veri artisti.
Il miracolo che riesce a Mimì, questa donna immensa che fu lasciata morire sola e abbandonata (quasi) da tutti. E che ebbe la sventura di essere troppo grande per un mondo così piccolo. Che, come avrebbe detto De André, aveva gli occhi troppo belli per la bruttezza che ci circonda…

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