Perdersi

A me piace da impazzire quando in treno, in tram, per strada, al bar, in biblioteca o in ogni dove improvvisamente e per qualsiasi motivo possibile ti metti a parlare con una persona sconosciuta per un tempo indefinito che va dai cinque ai trenta minuti. E poi, così come era cominciata, la conversazione si interrompe, ti saluti e quella persona sparisce per sempre dalla tua vita senza che tu sappia come si chiama, quanti anni ha, dove vive e via dicendo.
E mi piace non per quelle meditazioni arrovellanti del poi, sul genere “e se fosse stata la donna della mia vita?”, “e se fosse stato uno dei miei più grandi amici?”, ma mi piace proprio per quella reciproca sparizione. Improvvisa e definitiva.
Il fatto è che in quest’epoca di social, di connessione e di esposizione h/24, dove tutti sanno tutto di tutti, dove è (quasi) impossibile sparire e non essere ritrovati, è stupendamente rassicurante sapere di poter perdere ancora qualcosa e, soprattutto, qualcuno. Incredibilmente rassicurante passare una bella mezz’ora con qualcuno senza saperne assolutamente niente.
E senza chiedersene il motivo.