Il sasso di Dante

Firenze è fatta così: dietro, in mezzo e ai bordi di quelle immense ed enormi meraviglie monumentali che tutti conoscono e tutti vengono ad ammirare, nasconde piccoli incredibili tesori, scorci e squarci a volte piccolissimi ma di straordinaria bellezza.
A ognuno la scelta: o fermarsi al noto o perdersi nelle stradine e imbattersi per caso in questi gioielli sconosciuti.
Uno di questi è senza dubbio piazza delle Pallottole, un piccolo piccolissimo spiazzo che s’allarga d’improvviso tra le viuzze attorno al Duomo, tra via Bonizzi e via de’ Maccheroni.
Un tempo, prima che i deliri urbanistici ottocenteschi non ridisegnassero il centro storico della città sventrando e demolendo la Firenze antica, era ben più grande di ora. Soprattutto, nel medioevo, era un luogo centrale e d’incontro di tutta la città.
Si chiama così perché qui era concesso praticare il “gioco delle pallottole”, una specie di antenato dell’odierno gioco delle bocce, proibito da esplicite targhe in altri luoghi della città, in particolare nei pressi degli istituti religiosi (una di queste targhe è ad esempio ancora presente e ben visibile sul fianco della badia fiorentina).
Proprio in questa piazza si consumò uno dei delitti più celebri ed efferati del rinascimento: Leone Strozzi, per vendicare l’onore della sorella Luisa, uccise a stilettate Giuliano Salvati che aveva fatto proposte oscene alla ragazza di ritorno dalla festa del Perdono in San Miniato.
Fino a poco tempo fa si poteva ancora vedere la rotonda dove gli scalpellini crearono tutte le sculture per la decorazione esterna della cattedrale di Santa Maria del Fiore (oggi quella rotonda è all’interno del nuovo Museo dell’Opera del Duomo). Mentre sul balcone della piazza si inerpicava un pazzesco e straordinario esemplare di vite presente da tempo immemore. Morta solo nel 2005, la pianta è ricordata da una targa, mentre il tronco è ancora visibile su una rientranza della parete del palazzo.

Ma piazza delle Pallottole è celebre soprattutto per una pietra, un masso posto in basso alla facciata di una casa tra la piazza e via dello Studio, che reca una targa con su scritto SASSO DI DANTE.
Leggenda vuole che il sommo poeta, negli anni prima dell’esilio, era solito sedersi su questo sasso e osservare i lavori per la costruzione della cattedrale.
Un giorno un suo conoscente, passando di lì mentre Dante era assorto nei suoi pensieri, gli chiese a bruciapelo:
“Oh Dante, icché ti piace di più da mangiare?”
E Dante rispose: “L’ovo!”
Si dice che più di un anno dopo lo stesso tizio, ritrovando Dante nella stessa posizione e volendo mettere alla prova la sua memoria prodigiosa e leggendaria, gli abbia chiesto, sicuro di prenderlo alla sprovvista:
“Con che?”
E Dante, senza battere ciglio: “Co’ i’ sale!”

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