L’amico del popolo
Tra un insistito frasario tratto dalla rivoluzione francese (“l’amico del popolo” annunciato da Di Maio fa venire in mente Jean Paul Marat), e i referendum lampo fatti da Lega e Cinquestelle per sottoporre alle rispettive basi elettorali il contratto di governo, siamo arrivati finalmente, al giorno 77 di crisi, alle ore decisive.
Inevitabilmente si sprecano previsioni e azzardi su chi sarà il nome che oggi Di Maio e Salvini proporranno a Mattarella per la guida del governo. Le indiscrezioni più attendibili e insistenti accreditano come premier il giurista Giuseppe Conte, Salvini agli interni e Di Maio allo sviluppo economico.
Ma ormai toto nomi e previsioni hanno davvero poco senso. Giunti sul serio all’ultima curva dopo infiniti al lupo al lupo, non resta che aspettare.
E magari anche, finalmente, tacere.
Dopo mesi di urla e chiacchiere, per la stragrande maggioranza fuori luogo, ci si augura anzitutto che inizi il periodo del silenzio. Che in silenzio, ovvero senza proclami da campagna elettorale e senza sprezzanti irrisioni di pessimo gusto, i vincitori lavorino e propongano, e che nello stesso silenzio, ovvero senza la pioggia di allarmi e bombe a mano lanciate a priori, gli sconfitti attendano l’operato concreto del governo per poi elaborare critiche e contromosse.
Continuare da una parte a sbandierare la rivoluzione in marcia e dall’altra ad annunciare il crollo dell’Italia, non aiuta. Pessimi segnali che ci dicono come, al di là di cosa succederà oggi, la dittatura della chiacchiera e il regime della perenne campagna elettorale non finirà.
Tra l’altro, a quanto mi risulta, la Lega è al governo dal 1994. Il che dimostra come tanto l’entusiasta annuncio del nuovo assoluto quanto l’allarme per il ballo delle debuttanti, siano discorsi insinceri e pretestuosi.
Certo la politica, insegnava Machiavelli, è pura arte della dissimulazione. E mai come ora forma e sostanza hanno invertito i rispettivi valori.
Inevitabilmente si sprecano previsioni e azzardi su chi sarà il nome che oggi Di Maio e Salvini proporranno a Mattarella per la guida del governo. Le indiscrezioni più attendibili e insistenti accreditano come premier il giurista Giuseppe Conte, Salvini agli interni e Di Maio allo sviluppo economico.
Ma ormai toto nomi e previsioni hanno davvero poco senso. Giunti sul serio all’ultima curva dopo infiniti al lupo al lupo, non resta che aspettare.
E magari anche, finalmente, tacere.
Dopo mesi di urla e chiacchiere, per la stragrande maggioranza fuori luogo, ci si augura anzitutto che inizi il periodo del silenzio. Che in silenzio, ovvero senza proclami da campagna elettorale e senza sprezzanti irrisioni di pessimo gusto, i vincitori lavorino e propongano, e che nello stesso silenzio, ovvero senza la pioggia di allarmi e bombe a mano lanciate a priori, gli sconfitti attendano l’operato concreto del governo per poi elaborare critiche e contromosse.
Continuare da una parte a sbandierare la rivoluzione in marcia e dall’altra ad annunciare il crollo dell’Italia, non aiuta. Pessimi segnali che ci dicono come, al di là di cosa succederà oggi, la dittatura della chiacchiera e il regime della perenne campagna elettorale non finirà.
Tra l’altro, a quanto mi risulta, la Lega è al governo dal 1994. Il che dimostra come tanto l’entusiasta annuncio del nuovo assoluto quanto l’allarme per il ballo delle debuttanti, siano discorsi insinceri e pretestuosi.
Certo la politica, insegnava Machiavelli, è pura arte della dissimulazione. E mai come ora forma e sostanza hanno invertito i rispettivi valori.
