Consultazioni atto secondo

Così domani avremo il secondo giro di consultazioni.
Apparentemente tutto tace, non si intravede la benché minima novità all’orizzonte e le trattative non solo non hanno registrato passi avanti, ma si sono addirittura involute, passando dalle sabbie mobili agli insulti. Perciò, da parte dei partiti, è molto più che probabile una replica pressoché identica di quanto già emerso la settimana scorsa, con posizioni se possibile ancora più ferme e arroccate.
Più che legittimo, di conseguenza, chiedersi il senso di questa nuova tornata.
Eppure, a leggere tra le righe, le novità – e per nulla trascurabili – ci sono.
Prima di tutto Mattarella, certo constatando la momentanea indisponibilità ma comunque rilevando spiragli di trattativa, alla fine del primo giro di consultazioni aveva concesso ai partiti una pausa di riflessione necessaria a smussare gli angoli e trovare terreno comune su cui convergere e accordarsi. Un tempo non certo illimitato, ma tale da ipotizzare consultazioni leggermente più avanti, all’inizio o alla fine della prossima settimana.
Questa improvvisa accelerazione del calendario istituzionale e la convocazione dei gruppi parlamentari ad appena sette giorni di distanza, può voler dire e sicuramente dice molto.
Delle due l’una: o in questi giorni si sono svolte trattative di cui non siamo a conoscenza, tenute sottotraccia per non bruciarle, e quindi il capo dello stato ha già in tasca la quadra; oppure, molto più probabile, prendendo atto dell’involuzione del dialogo e della definitiva chiusura delle forze politiche, e ritenendo quindi che ulteriore tempo a disposizione avrebbe ulteriormente acuito le distanze, il presidente Mattarella ha deciso di prendere in mano la situazione, dando in ogni caso (nella giornata di venerdì) un incarico esplorativo e, sulla base di quello, attendere la reazione degli schieramenti.
A chi sarà dato questo incarico, ovviamente è impossibile prevederlo. Il fatto che nella scaletta delle consultazioni i Cinquestelle restino gli ultimi a essere ricevuti può sbilanciare le ipotesi a favore di Di Maio. Ma il fatto che gli ultimi a salire al Colle siano quelli con in mano il boccino del governo è pura prassi (tra l’altro codificata con quel sistema maggioritario che non ammetteva discussioni sui vincitori e che oggi non esiste più), non certo una regola.
Non resta che aspettare, con l’idea tuttavia che difficilmente questo primo incarico esplorativo possa realmente portare a qualcosa. Forse servirà soltanto a smuovere questo totale immobilismo.
Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi e del possibile. Quel possibile in cui siamo precipitati da ormai un mese e mezzo e da cui pare non ci sia modo di uscire.