Vota contro Trump e sii felice

Donald Trump, candidato ormai molto più che in pectore del Partito Repubblicano per la Presidenza della più grande potenza economico-militare del mondo, rappresenta senza dubbio il punto più basso, squallido, violento, atroce e pericoloso della storia delle democrazie occidentali.

Eppure, questa massiccia campagna a tutto campo, dall’alto al basso, dagli Stati Uniti al mondo intero, tutta “contro” Trump, tutta volta a screditarlo, ha ben più che una controindicazione.
E, soprattutto, diversi tragici effetti boomerang, la maggior parte dei quali già in atto e in pieno corso.

Punto primo.
L’allarmismo esasperato, stile epidemia di aviaria, con cui si sperticano celebrità e firme strafamose – e su cui i media ci si buttano a capofitto – per mettere in guardia e compattare il mondo intero contro un uomo solo, anziché indebolirlo, lo fortifica.
Non lo dicono le mie analisi di politologo da quattro soldi. Lo dice, ahimè, la storia.
Nel caso specifico di Trump poi, lo dicono pure i sondaggi: è chiaro come il sole quanto dopo ogni massiccio attacco al candidato, il suo indice di gradimento decolli in maniera clamorosa.

Punto secondo.
Il problema è nella tipologia di questi attacchi e di questi allarmismi. Decisamente giusti in sé (lo ripetiamo: Trump è oggettivamente folle, dice cose oggettivamente improponibili), non hanno però altro oltre l’emergenza, l’allerta, il pericolo.
Tradotto: le parti avverse a Trump, completamente assorbite nel contrastarlo, cessano di fare politica. Le loro proposte scompaiono, la loro idea di società passa in secondo piano, svanisce sotto i cumuli di “codici rossi” lanciati al mondo per allertarlo del pericolo rappresentato dal loro avversario.
Tradotto ancora: non importa come noi governeremo, importa che non governi lui.
Un atteggiamento che, oltre a fortificare ulteriormente l’oggetto del discredito, fa perdere credibilità alla propria azione.

Punto terzo.
C’è una grande contraddizione sottesa in tutto questo.
Impostare una campagna comunicativa sulla difesa della democrazia cercando di bloccare qualcun altro, specie quando quel qualcun altro ha soltanto detto senza ancora fare nulla e muovendosi di conseguenza, se pur al limite, nel perimetro della legalità, è oggettivamente un errore.
Uno di quegli errori che, è sempre la storia a dirlo, solitamente hanno effetti catastrofici.

Punto quarto, rivolto esclusivamente alla sinistra.
Tutta questa campagna anti-Trump per cosa? Per sostenere Hillary Clinton?
In particolari situazioni d’emergenza, votare il meno peggio può essere atto responsabile, necessario e sacrosanto. Ma da qui a trasformare la Clinton in icona di sinistra, paladina dei diritti civili e nume tutelare della democrazia, ce ne corre. Questa smania di eroine e di eroi, di salvatrici e salvatori, pare francamente eccessiva e paradossale.
Soprattutto quando si parla di una politica – la Clinton – emblema del più rampante neoliberismo, guerrafondaia e sostenitrice irremovibile della pena capitale, quanto di più lontano – specie in materia economica e in politica estera – dalla più moderata, pallida e sbiadita ideologia di sinistra.

Il sonno della ragione genera mostri, verrebbe da dire.
Fatto sta che sei mesi fa Donald Trump era solo un coglione farneticante della più asfissiante provincia americana e oggi, grazie anche a tutto questo, è diventato un fenomeno mondiale.
Non so come andranno a finire queste lunghissime e interminabili elezioni. Ma certo non è un buon inizio.
E se il buongiorno si vede dal mattino…

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *