La fantomatica Terza Repubblica

Dai politici direttamente coinvolti ai giornalisti, tutti la evocano e tutti la invocano, ne annunciano e ne celebrano la nascita, già avvenuta o imminente. Ma questa fantomatica Terza Repubblica non c’è, non esiste in concreto né, con buona pace di tutti, esisterà a breve. Questo semplicemente perché per sancire il passaggio da una repubblica all’altra non bastano né le parole entusiaste di chi ha vinto le elezioni né il mutare, anche radicale, del quadro e degli equilibri politici. Sarebbe necessaria una riforma per determinare una nuova repubblica, e questa riforma non c’è e nemmeno se ne intravede all’orizzonte il più embrionale dei progetti.
Quindi mettiamoci il cuore in pace: costituzionalmente e legalmente siamo ancora, e ancora resteremo, nella tanto vituperata seconda repubblica.
Poi va da sé che con le parole possiamo giocare all’infinito e, se questo gioco ci piace, niente e nessuno può impedire di dare il nome altisonante di terza repubblica a un auspicato cambio di rotta e di consuetudini dell’intero mondo politico.
Ma, anche stando su questo piano, è proprio il contenuto di questa terza repubblica che sfugge. Ovvero: su quali basi, su quali principi nascerebbe o sarebbe già nata?
Mistero. O meglio, dipende da chi ne annuncia il battesimo.
A sentire certe voci, sembra che sia la repubblica del superamento del berlusconismo (e di conseguenza dell’antiberlusconismo). Ma a quanto risulta dagli ultimi movimenti, pare proprio che il vecchio patriarca sia tutt’altro che finito e che al contrario possa ancora ricoprire un ruolo più che centrale negli equilibri politici.
Per altri sarebbe la repubblica della morte dei vecchi partiti. Ma, dati alla mano, una delle due forze vincitrici, ovvero la Lega, è in assoluto il partito più vecchio del parlamento, più vecchio del PD e più vecchio anche di Forza Italia.
O ancora, secondo la lettura di Casaleggio, sarebbe la nascitura repubblica della democrazia diretta, dei cittadini protagonisti, della fine del sistema rappresentativo e parlamentare.
Ora “repubblica dei cittadini”, come l’ha definita Di Maio, è senza dubbio una bellissima espressione. Ma l’analisi di Casaleggio, che di quella espressione ne è l’approfondimento, lascia inevase molte domande e aperte gigantesche contraddizioni.
Se il web è il luogo della democrazia diretta del futuro, se il Movimento risulta vincente perché ha capito questo e perché tutte le sue decisioni sono il frutto della volontà delle rete, perché la decisione di versare l’obolo mensile nell’azienda di Casaleggio, perché la definizione del ruolo nel Movimento di Davide Casaleggio (a tutti gli effetti dinastico ed ereditario), non sono scaturite da consultazioni on line ma sancite arbitrariamente?
Dichiarare la democrazia diretta ed esercitarla a discrezione, a seconda delle questioni in ballo, è un evidente, e non da poco, cortocircuito di partenza.
Ciò detto, opinione personale (e opinabilissima) di chi scrive: consegnare le chiavi della democrazia, in qualunque modo la si intenda, allo spazio virtuale del web, non significherebbe darla in mano ai cittadini e renderla diretta, ma significherebbe ucciderla definitivamente. Questo perché la società ha iniziato a perdere tutti i suoi spazi democratici nel momento in cui ha accettato la logica della smaterializzazione imposta dal mondo globale. Solo uscendo dalla logica del virtuale e dell’invisibile, riprendendosi i corpi, le piazze, i luoghi, i cittadini possono sperare di tornare a essere individui “politici” nel senso più alto e dignitoso del termine.

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