C’era una volta una bambina di nome Silvia che viaggiava nel tempo

“C’era una volta una bambina di nome Silvia che viaggiava nel tempo”

Storie di belle ragazze – Silvia Conti

Il nostro lungo viaggio all’interno dell’universo femminile oggi mi riporta a casa, nella mia Firenze, per farvi conoscere una splendida ragazza di nome Silvia Conti, ovviamente fiorentina, così fiorentina che più fiorentina non si può.
Musicista, cantautrice, attrice e chissà quant’altro, Silvia è, tra le tante cose, anche un’amica. Una di quelle persone che non vedi né senti spesso, ma quando la vedi e la senti, magicamente, c’è sempre qualcosa di importante di mezzo. Le nostre strade, negli anni, si sono incrociate più volte e per i motivi più svariati. In particolare, ha regalato la sua splendida voce ad alcune mie poesie durante la prima presentazione fiorentina del mio libro “Solitudini”.
Tutto per dire, in sostanza, che non è facile, non è facile per niente, scrivere un pezzo su un’amica senza perdersi nell’aneddotica personale o senza annegare nella melassa dell’affetto privato.
Non è facile ma ci proviamo lo stesso. Per la Conti, dio bonino, questo e altro.
Raro e quasi incomprensibile caso di hyppie del nuovo millennio senza essere minimamente fuori dal tempo, Silvia ha una carriera chilometrica divisa (ma, come lei ci spiegherà più avanti, sarebbe meglio dire fusa) tra musica e teatro, che si snoda in una miriade di collaborazioni importanti (Le Orme, la Bandabardò, gli Whisky Trail, tanto per citarne alcune), grandi progetti e autentiche perle, come la canzone “Rino”, dedicata al grande Rino Gaetano e da lei scritta e interpretata.
Vulcano di idee, vorticosa e imprevedibile, un caleidoscopio in eterno movimento e in perenne creazione, Silvia ha la forza e la bellezza di chi riesce a fottere i dolori con un sorriso che sprigiona potenza e coraggio.
Destino ha voluto che l’intervista cadesse praticamente in concomitanza con l’uscita del suo ultimo disco, “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)”. Silvia è così tante cose, così inclassificabile e irriducibile a qualsiasi definizione che, prima di ascoltare l’album, non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa avesse inventato stavolta: sarà folk, pop-rock o cosa?
La sorpresa, ma fino a un certo punto, è che non è niente di tutto questo e, al tempo stesso, ognuna di queste cose. Un intero percorso artistico ed esistenziale in dodici tracce, intenso e romantico, dolente e visionario. Quasi un diario di bordo, l’atto finale di sintesi e raccolta di un lungo viaggio dal tempo indefinito che, nel suo compiersi e nel suo farsi ascoltare, è anche, forse soprattutto, invito a ripartire.
C’è tutta Silvia in questo disco, tutta la sua anima, tutta la sua sconfinata creatività.
Ascoltatelo, innamoratevene.
Come sempre, anche in questo caso, all’inizio le chiedo: “Se la tua vita fosse una fiaba e iniziasse col più classico dei “C’era una volta una bambina di nome Silvia che… “, come continueresti questo incipit?”. Lei mi risponde: “…che viaggiava nel tempo. Mi piacerebbe tantissimo poter tornare agli anni ’60 per potermi godere tutti i concerti che, per ovvi motivi, non ho potuto vedere. Pensa solo ai Beatles…
Quello che segue è quanto ha voluto raccontarci e regalarci.

D- Partiamo dalla fine. È appena uscito il tuo ultimo disco, “A piedi nudi”. Questo lavoro arriva alla fine di anni per particolarmente intensi dal punto di vista musicale : singoli, collaborazioni importanti… e, in un certo senso, sembra chiuderli e riassumerli. Quindi, rovesciando il senso della frase più celebre di “C’era una volta in America”, siccome NON sei andata a letto presto, ci vuoi raccontare cosa hai fatto in questi ultimi anni?

R- Ho fatto un po’ di tutto, come hai detto tu, mi sono concentrata sul teatro e sulla musica e mi sono molto divertita.

D- Di questo disco mi hai detto “io ne sono innamorata”. Ci vuoi raccontare come è nato il progetto, come hai costruito il percorso delle undici tracce che lo compongono, come le hai scelte…

R- Il disco è nato da un desiderio; avevo (e ho) molte canzoni nel cassetto e mi dispiaceva che rimanessero lì, senza avere una possibilità di vita propria. Ho passato un momento difficile alla fine del quale ho finalmente preso la decisione e mi sono detta: perché non farlo ora? Curiosamente la prima cosa che è nata è stata proprio il titolo: “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)” che esprime qualcosa che mi appartiene poiché sono solita girare con le unghie dei piedi smaltate di tanti colori (come puoi vedere dalla copertina del disco). Da allora in poi tutto è stato facile, le canzoni si sono scelte da sole andando a costruire un discorso che avevo voglia di fare da tanto tempo.

D- C’è, tra tutte le canzoni del disco, una a cui sei legata in maniera particolare? Se sì, perché?

R- La domanda mi mette un po’ in difficoltà perché con ognuna delle canzoni ho un legame particolare, ognuna ha un significato. C’è però un brano che ho scritto in corso d’opera, quando eravamo già in sala di registrazione e non era previsto nell’album ed è “Tom Tom”. Ecco, forse è questa la canzone a cui sono particolarmente legata perché è la mia catarsi del momento difficile del quale ti parlavo prima, il mio modo di affrontarlo e superarlo.

D- .Interprete, cantautrice, musicista. La musica è senza dubbio la dimensione che più rappresenta il tuo percorso esistenziale, la tua casa naturale. Ti ricordi come e quando la musica ha incrociato la tua strada ed è entrata nella tua vita?

R- Credo da sempre e non è un modo di dire. Da quando ho il dono del ricordo la musica ha sempre fatto parte del mio mondo, non ne ho incrociato la strada, E’ la strada.

D- C’è una domanda che ti avranno fatto tutti e che, inevitabilmente, devo farti anche io. Agli esordi del tuo percorso musicale c’è la vittoria del Festival di Castrocaro (che negli anni ottanta era veramente una delle vetrine più importanti per le voci esordienti del panorama del pop italiano) e, soprattutto, la partecipazione a Sanremo tra quelle che un tempo si chiamavano “Nuove Proposte”. A distanza di anni, che ricordi hai di quella esperienza? Come la inserisci nella tua carriera di musicista che, nel corso degli anni, si è discostata molto da un certo target sanremese?

R- E’ passato così tanto tempo che quasi mi sembra sia qualcosa accaduto a qualcun altro. Ricordo che ero felice e, al tempo stesso, molto preoccupata di non riuscire a fare ciò che davvero avrei voluto, come infatti è stato. Provo molta dolcezza nei confronti di quella Silvia Conti forse un po’ ingenua ma comunque determinata e coraggiosa, e dal momento che sono convinta che nella vita tutto serva a qualcosa (anche se niente serve a tutto, come direbbe Mafalda) credo che quegli anni e, perché no, anche quel Sanremo abbiano fatto di me quella che sono ora.

D- Da musicista, come giudichi l’attuale panorama musicale italiano? E cosa ne pensi di quelle che paiono essere le principali vetrine per le voci esordienti, ovvero i talent show come X Factor?

R- Ne penso tutto il male possibile. I talent sono il punto più basso che un artista possa toccare. Tu prima hai ricordato il Festival di Castrocaro e molti potrebbero dire che è più o meno la stessa cosa, solo in tempi diversi ma non è così. I talent, come quasi tutta la “reality television” somigliano in modo preoccupante ai giochi che i Romani facevano al Colosseo e, purtroppo, quasi tutti i partecipanti finiscono sbranati dai leoni. Questo risponde anche alla prima parte della tua domanda perché dove non c’è un vero interesse, un vero percorso da seguire, una cultura musicale, non può esserci niente di buono. Poi, ovviamente, qualche eccezione c’è.

D- Oltre la musica, c’è anche il teatro e un lungo percorso come attrice. Quali differenze e quali analogie ci sono tra Silvia musicista e Silvia a teatro?

R- L’una è complementare all’altra e insieme si aiutano e si completano. Nella musica posso esprimere tutto quello che sono e nel teatro posso esprimere tutto quello che potrei essere. Sembra complicato ma non lo è.

D- Tu, come artista e prima ancora come cittadina, sei particolarmente sensibile e attenta alle grandi tematiche sociali e politiche della nostra società. In un mondo così “ammalato” dove niente sembra destinato a durare e dove le parole contano sempre meno, che ruolo devono avere, e rivendicare, arte e cultura, artisti e intellettuali?

R- Dovrebbero resistere. “Resistenza” è una parola piena di significato e ancora molto, molto attuale. Ed essere partigiani, perché chi non prende posizione, chi è indifferente, come direbbe Gramsci, è colpevole.

D- Restando sulle grandi tematiche, da donna “in prima linea” quale sei, come mai a tuo avviso esiste ancora oggi, nel 2017, un problema di parità tra i sessi, una “questione femminile”, nonché una tragica escalation di violenze e femminicidi?

R- Perché manca la cultura. E’ come se il ’68, il movimento culturale non fosse mai avvenuto. Spesso, purtroppo, sono proprio le donne le peggiori nemiche di se stesse, quasi avessero timore nell’affermare la propria dignità. Ci portiamo dentro migliaia di anni senza essere in grado di evolverci e le donne, ma non solo le donne, ne subiscono le conseguenze.

D- Cosa significa per te essere donna?

R- Se devo essere sincera non lo so. Sono una donna e quindi non riesco ad immaginare una visione diversa. Però posso dirti cosa significa essere donna in un mondo dove il linguaggio è maschile, dove la carriera, il potere, la forza sono cose da uomini. Per noi tutto è più difficile e costoso e anche quando raggiungiamo l’obbiettivo non siamo mai pari grado ma sempre un gradino più in basso. E’ abbastanza frustrante, credimi.

D- In cosa Silvia si sente più forte?

R- Più che di forza parlerei di consapevolezza. Diciamo che so chi sono e questo mi fa stare bene.

D- E in cosa Silvia si sente più impotente?

R- Nella sofferenza, nelle ingiustizie, nelle prevaricazioni. Vorrei avere qualche superpotere e rendere il mondo un posto meraviglioso ma non posso farlo. Peccato, vero?

D- Se la bambina della prima domanda oggi ti incontrasse, che cosa ti direbbe?

R- “Hey, li hai presi i biglietti per Woodstock?”

Se quei biglietti li hai presi, cara Silvia, faccelo sapere che ci aggreghiamo anche noi.
A voi, a tutti voi, non resta che perdervi nelle sonorità di “A piedi nudi” di Silvia Conti, che trovate anche online, praticamente su tutte le piattaforme.
Buon ascolto.

E io, come sempre, vi aspetto giovedì prossimo per un’altra intervista e per un’altra splendida ragazza,
RL

#StorieDiBelleRagazze
#storieRiccardoLestini

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