“C’era una volta una bambina (anzi due, ma facciamo tre) che non chiedeva altro che amore”

“C’era una volta una bambina (anzi due, ma facciamo tre) che non chiedeva altro che amore…”

Storie di belle ragazze – Elise (e Giulia… e Jana)

È Natale, non lo so se siamo tutti più buoni, ma di sicuro c’è quell’atmosfera particolare, un po’ magica e un po’ malinconica, scintillante e rarefatta, che rende ogni cosa a suo modo speciale.
Perciò, speciale è la storia che raccontiamo oggi, speciale la tappa del nostro lungo viaggio nell’universo femminile.

Si chiama Elise la bella ragazza che oggi andiamo a conoscere. Vive a Bologna, ma è nata a pochi chilometri da Dresda, quando ancora il Mauer berlinese era tutto in piedi e quella terra si chiamava DDR. Per arrivare all’ombra della Torre degli Asinelli ha fatto un lungo viaggio a tappe, che l’ha portato prima a Berlino, quando ormai non c’era più né est né ovest, poi a Lille, quindi a Girona e infine a Bologna.

Ha vissuto dappertutto, ha amato dappertutto.
Elise è una cantautrice. Compone canzoni che poi suona con la chitarra e canta con una voce della madonna. Ha fatto audizioni importanti, in tv e nelle case discografiche, ma non ha ancora trovato qualcuno disposto a investire sulla sua voce che in troppi giudicano troppo teutonica, poco adatta al mercato. Però, è la convinzione di chi scrive, è solo questione di tempo. Non è possibile non accorgersi di tanta bellezza.
Per vivere fa quello che capita: cameriera, parrucchiera, avventizia.
All’intervista, per farsi conoscere, preferisce raccontarmi la sua giornata. Così mi costringe a seguirla, un giorno di fine agosto, per Bologna, dalla mattina alla sera.

Si sveglia presto Elise. Alle sei. Sei e trenta massimo. Mette su il caffè e accende una sigaretta. C’è silenzio e lei può lavorare alla sua musica, cuffie in testa, spartiti davanti, gambe incrociate e chitarra imbracciata.
Mi fa sentire l’ultimo pezzo. Poi, per me, suona e canta “I’ll be your mirror” dei Velvet Underground.
“Mi piace avere qualche ora di vantaggio sul resto del mondo”, dice, “lavorare prima che Jana si svegli”.
Jana ha diciotto mesi. Ed è sua figlia. Sua e di Giulia, l’altra splendida ragazza in questa splendida storia di splendide ragazze.
Giulia fa l’infermiera. Turni massacranti, perché lavora in una clinica privata.
“Ma prima o poi entro nel pubblico”, dice sbadigliando, appena sveglia, verso le sette e trenta.
Giulia, lunghi capelli neri con dentro spille e matite, che dà un bacio ad Elise e poi va in bagno a prepararsi per il lavoro.
Mentre Elise segna gli ultimi appunti sul pentagramma, si sveglia anche Jana.
Jana ha gli stessi occhi di Elise, azzurrissimi, di ghiaccio, qiuasi trasparenti.
In un secondo la casa è un’apocalisse. Eppure, in quel delirio di biberon, fermagli, bavagli, giochi, tazze, gonne e pantaloni, c’è un ordine sacro, un senso di pace da pagoda.

Alle otto Giulia esce.
Elise finisce di vestire Jana e poi escono anche loro.
Io le seguo, per questa Bologna che mai come oggi mi è sembrata così tanto gucciniana.
Elise lascia Jana in ludoteca.
Poi va a fare spesa al mercato. Poi mi molla le due buste stracolme di frutta e verdura di stagione. “Ti spiace?”, chiede. No, non mi spiace.
Infila le auricolari. Ascolta qualcosa. Prende i fogli del pentagramma, corregge qualcosa. Poi ripone tutto e riprendiamo il cammino.
Ci fermiamo in tre ristoranti dove lascia il curriculum.
“Non lavoro da due mesi… spero di trovare qualcosa prima della vendemmia… sai, nessuno mi aiuta, e con una bambina e solo il lavoro di Giulia…”.
Già, un disastro, mi viene da dire.
“Ma no”, ribatte Elise.

Dice proprio così, ma no. E io quasi scompaio sotto il suo coraggio, sotto questo suo incrollabile ottimismo, sotto questa sua leggerezza cosmica che le fa amare la vita così com’è.
Perché è così Elise, occhi pieni e amore pulito. A ogni passo, ogni parola.
Mangiamo in una trattoria a pochi passi da casa.
Col suo tono leggero e appassionato mi racconta le sue odissee per le case discografiche di mezza Italia, i suoi insuccessi, le sue frustrazioni.
“Avrei un disco pronto, ma quando lo presento si mettono a ridere”.
Non capsico, ma lei mi spiega: “Vogliono tutti sentire pezzi singoli, poi se una canzone gli piace il disco te lo fanno loro, un prodotto già confezionato non lo prendono nemmeno in considerazione”.

E poi, tra il dolce e il caffè, mi racconta come la sua famiglia la abbia completamente abbandonata.
“Mi hanno sopportato fino a quando stavo a Girona”, dice con un sorriso che non può non essere amaro. “Loro avrebbero anche accettato una figlia che non si rassegna a cercare fortuna nel mondo della musica, che per questo fa lavori saltuari e senza sicurezze. Ma la relazione con Giulia no, quella non l’hanno potuta sopportare. Da quando abbiamo deciso di avere Jana poi, hanno tagliato tutti i ponti. Pensa, lei non ha mai visto i suoi nonni”.
La famiglia di Giulia no. Loro tutto il contrario. Hanno amato lei e la bambina.
“Meno male”, sospira Elise, “E non per i soldi, ma per l’amore…”.
Amore.
Elise ripeterà questa parola venti volte ogni mezz’ora.

Nel pomeriggio torniamo a prendere Jana.
La piccola teppista gioca, salta, mi dà la vita maledetta. E mentre mi usa come tapis roulant Elise ne approfitta per ritoccare ancora una volta il suo spartito.
Andiamo tutti e tre in un negozio di dischi.
Un tizio, poi scoprirò chiamarsi Mauro, intercetta subito Elise con lo sguardo, prende lo spartito, ringrazia.
“Mi può procurare qualche concerto”.
Torniamo a casa che sono quasi le sette.
Elise prepara la cena e la pappa per Jana.
È un po’ preoccupata per quando crescerà e dovrà confrontarsi con un mondo che le chiederà, spesso con cattiveria, perché abbia due mamme.
“Ma lei risponderà con l’amore”, conclude.
Alle otto torna Giulia.
Stravolta, ma sorridente.
Una doccia rapida e poi è tra noi.
Ceniamo tutti e quattro.
Una cena allegra, piena di vino e risate, con Elise che prima di mettere a letto la bambina ci canta un paio di pezzi.
Giulia mi prepara una tisana mentre Elise è in camera con Jana.
“E’ dura”, dice con l’aria stravolta di chi ha lavorato dieci ore, “ma non sono mai stata così felice”.

Le saluto poco prima di mezzanotte.
E mentre me ne torno alla mia Firenze e alla mia famiglia, penso che raramente in vita mai ho sentito tanta felicità e tanta armonia tra quattro mura.
L’intervista Elise non l’ha voluta fare, ma la domanda canonica glie l’ho fatta lo stesso.
“Se la tua vita fosse una fiaba e cominciasse con ‘c’era una volta una bambina di nome Elise che…’, come continueresti questo incipit?”.
Lei ovviamente risponde: “Che non chiedeva altro che amore”.

Con questa storia speciale vi auguriamo buon Natale. Le Storie di Belle Ragazze vanno in vacanza e vi danno appuntamento, con nuove storie e nuove belle ragazze, giovedì 18 gennaio.
Baci e amore a tutti,
RL

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