Ingovernabilità e incertezza

Le parole chiave della settimana sono “ingovernabilità” e “incertezza”.
Incerta e ingovernabile si è infatti scoperta di colpo l’Inghilterra, dove quelle elezioni guardate con attenzione dal mondo intero si sono concluse con un tonfo clamoroso (ben oltre ogni previsione) del partito Conservatore e con un’ancor più clamorosa rimonta dei laburisti. Un doppio clamore dove nessuno, in ogni caso, ha i numeri per governare. A conti fatti Theresa May (e con lei tutti i conservatori) resta in sella e va a formare un nuovo esecutivo: ma per farlo, priva di una maggioranza assoluta, le sono necessari i voti (e i seggi) degli Unionisti dell’Irlanda del Nord (di fatto un gruppo estremista composto da ex picchiatori ed ex terroristi, anche se nessuno lo dice). In definitiva la May va a formare uno dei governi più deboli e zoppicanti della recente storia britannica, proprio in un momento storico in cui l’Inghilterra, chiamata all’appuntamento cruciale della Brexit, avrebbe bisogno di un esecutivo assolutamente forte e assolutamente stabile.
Sicuramente molto più che paradossale come l’Inghilterra finisca per scoprirsi molto più simile di quanto pensasse a quel vecchio continente da cui vorrebbe a tutti i costi separarsi e distinguersi.
Ingovernabilità e incertezza, oltre che le parole della settimana possono essere infatti anche la sintesi estrema della più recente storia dell’Europa, dove governi fragilissimi, pareggi elettorali e grandi coalizioni assemblate dopo il voto in maniera assolutamente “creativa”, sono da tempo all’ordine del giorno più o meno dappertutto: Germania, Spagna, Grecia… e ovviamente Italia, dove come al solito siamo all’avanguardia, e i pareggi elettorali, l’ingovernabilità e soprattutto le coalizioni creative, li abbiamo scoperti decenni prima del resto del continente. E dove, soprattutto, continua a tenere banco come e più di prima il dibatitto sulla legge elettorale: saltato (senza tra l’altro che nessuno abbia capito esattamente il perché) il patto clamoroso (e almeno all’apparenza granitico) tra PD, 5 Stelle, Forza Italia e Lega sul ritorno (più clamoroso del patto stesso) al proporzionale puro, adesso pare si ritorni al maggioritario e alla logica delle coalizioni, con tutti i riposizionamenti e i cambi di strategia improvvisi e schizofrenici che ne conseguono.
Questo almeno quanto accade e sta accadendo su Marte. Sulla Terra, ovvero nel mondo reale, la disoccupazione continua a crescere mentre i salari di quelli che uno stipendio ce l’hanno, continuano a scendere. Nel mondo reale un contratto senza i diritti più elementari e mille euro al mese sono diventati l’aspirazione massima delle future generazioni. Nel mondo reale scuola e sanità cadono a pezzi senza che nessuno progetti investimenti seri in tal senso, le forze dell’ordine sono ridotte all’osso con sempre meno mezzi a disposizione, si muore al lavoro e quel poco che restava del tessuto sociale è esploso definitivamente.
Il mondo reale appunto. Quel mondo reale che ieri, non a caso, ha disertato le elezioni amministrative (si votava in comuni di un certo peso, quali Genova, Verona, Palermo, Parma… ), raggiungendo uno dei picchi più alti di astensionsismo mai registrati (attorno al 50% su tutto il territorio nazionale). E per tutta la notte si è discusso e litigato su exit poll e dati reali, zero virgola e ballottaggi, il ritorno alla logica delle coalizioni e la crescita del centrodestra unito, il centrosinistra che vince e i Cinque Stelle in crisi, Pizzarotti da solo e Pizzarotti in compagnia. Sul 50% di astensionismo invece, poche, pochissime parole. E tutte distratte e di poco conto. Ma loro sono marziani. E i marziani, si sa, se ne fregano da sempre del mondo reale.

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