Un uomo come tutti gli altri (una postilla e qualche precisazione)

Non mi piace mai tornare su cose già scritte, ma a volte la necessità di chiarire alcuni equivoci, di ribadire in modo più netto alcuni concetti e soprattutto di rispondere a vari commenti dei lettori, me lo impone.
Perciò, in merito al mio post di ieri sulle performances balneari di Salvini, mi preme precisare:

1
Non era un post sulla scuola, non era mia intenzione parlare di scuola né affrontare la questione del ruolo dell’insegnante nella società. Cons ho già detto in risposta a diversi commenti, l’insegnante era un esempio tra i tanti che avrei potuto fare e tra i tanti scelto per ovvie ragioni; ma il post, almeno nella sua essenza, parlava d’altro, decisamente di altro. Pertanto, tutto il dibattito sulla scuola che il post ha scatenato, con decine di condivisioni su pagine specialistiche, è avvenuto mio malgrado. Con questo non certo voglio contestare il dibattito in sé (fa anzi parte del mestiere di scrivere, talvolta, vedere i propri elaborati prendere strade impensabili all’autore), ma soltanto dire che, non essendo minimamente nelle mie intenzioni, mi risulta difficile prenderne parte e rispondere nello specifico. E non me ne assumo la minima responsabilità.

2
Facendo l’esempio dell’insegnante, contrariamente a quanto ha scritto qualcuno, non volevo certo accostare l’importanza di un insegnante a quella di un ministro. Tradotto, non era un eccesso di “glorificazione” o di sovrastima della categoria dei docenti. Semmai, era l’esatto contrario. Ovvero, nella piena consapevolezza della caduta della considerazione dei docenti nel sentire comune, ho messo in evidenza l’estrema “liquidità” di giudizio delle medesime persone, per cui se l’azione X fatta da Salvini è degna di approvazione e acclamazione, nel momento in cui – supponiamo – venisse commessa da un docente, diventerebbe – c’è da scommetterci – pretesto per attaccare una categoria particolarmente detestata.

3
A tutti quelli che hanno voluto precisare che la famosa foto con la cubista è sì stessa spiaggia stesso mare (ovvero Papeete Beach), ma risale al 2016, quando Salvini non era ancora ministro, preciso a mia volta: lo sapevo, ma ai fini del mio discorso è totalmente indifferente. Nel 2016 era già un rappresentante del popolo, europarlamentare e, soprattutto, leader del partito più attivo nel fronte anti Renzi in previsione del referendum.

4
Ciò detto e ciò chiarito, resta il fatto che si trattava di un post sul ministro Salvini e sul modo in cui le sue azioni vengono percepite e giudicate.
E il centro di tutto il ragionamento era – ed è – il fatto che la motivazione più forte di chi non solo difende a spada tratta, ma acclama “il Capitano” per le gesta al Papeete Beach, sia che “è un uomo come tutti gli altri”. Talmente vicino alla gente che si veste come noi, parla come noi, tracanna Mojito come noi, fa il coglione in consolle come noi, sbava sulle tette e sul culo delle cubiste come noi.
I commenti che sono arrivati in suo sostegno, confermano in pieno questa cosa.
E ciò che mi preme approfondire, che ieri non ho scritto ma solo sottinteso, è che proprio qui sta il grande equivoco, il grande abbaglio (e inganno).
Ovvero: nessun uomo è “come tutti gli altri”, non esiste un uomo “come tutti gli altri”. Ogni individuo ha al contrario una sua unicità irripetibile, specifiche capacità che lo rendono diverso da tutti e non riproducibile. La nostra società, credendo e cedendo alle balle del più becero populismo, queste unicità le ha prima guardate con sospetto e quindi con disprezzo, ha scacciato e distrutto capacità e competenze, si è illusa che tutti potessero fare tutto, che “se lo fa lui tanto vale che ci provi anche io”, ha mortificato ogni talento omologandosi definitivamente e tragicamente verso il basso.
Salvini di tutto questo ne è al tempo stesso prodotto e artefice, fruitore e fautore, sanguisuga e alimentatore, spettatore e demiurgo.
Mediocre, senza troppe qualità intellettuali, privo di reali idee e reali prospettive, è però politico spietatamente machiavellico e ferocemente abile nel cannibalizzare alleati e capitalizzare ogni situazione a suo totale vantaggio.
La storia del Papeete per questo è estremamente simbolica ed emblematica. Riassume il personaggio e il periodo storico che stiamo vivendo, la volontà di diffondere l’idea dell’uomo qualunque, di sembrarlo a tutti i costi senza esserlo.
All’apparenza la situazione più normale e casuale del mondo, quando in realtà è la più calcolata e maniacalmente studiata da una propaganda abile e vincente (altro che spontaneità, altro che “uno di noi”, altro che “fa le cose che facciamo noi”).
Ogni minimo dettaglio che, al tempo stesso, ricalca i movimenti della pancia degli elettori solleticandone approvazione in alcuni e indignazione in altri.
Creando quindi una spaccatura, un feroce dibattito ad hoc, in perfetta concomitanza col dibattito parlamentare sul decreto sicurezza bis.
E con il popolo a scannarsi sulla sua panza, nella quasi totale indifferenza passano provvedimenti a dir poco atroci, autentici schiaffi ai diritti costituzionali. Ultimo atto di un governo su cui è salito per distruggere gli alleati. E, una volta intascato il decreto, scaricarli definitivamente, tornare alle urne e, sventolando le loro teste e il decreto come vessilli da agitare sulla folla in delirio, prepararsi a riscuotere probabilmente il più grande consenso della storia repubblicana.
E, direbbe Montale, l’abisso è certo.

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