Donna schiava

Così, nel giro di pochi giorni, siamo venuti a sapere una marea di cose sull’universo e sulla condizione femminile.

Tipo che una donna incinta non ha autonomia di scelta, non può autodeterminarsi in nessun modo né, tanto meno, può candidarsi a sindaco.
Questo perché “deve pensare a fare la mamma”.
Parola di Berolaso, certificata, approvata e rilanciata da Berlusconi e da un numero imprecisato di alti personaggi pubblici (e da un numero imprecisato di gente comune).

Oppure, sempre rimanendo nel campo della politica e del ruolo di sindaco, che una donna “brutta, grassa e obesa” è oggettivamente inadatta a guidare e rappresentare una città.
Parola di Tonino Silvestri a proposito di Patrizia Bedori, candidata sindaco – poi ritirata – per il comune di Milano.
Che poi, per carità, magari la Bedori i numeri e lo spessore politico per un incarico del genere non ce li aveva davvero. Ma che l’aspetto fisico potesse fare “curriculum politico” no, questo proprio non lo sapevamo. Così come non sapevamo che si potesse offendere in questo modo e con questi termini una persona come fosse la cosa più naturale del mondo.

E siamo venuti a sapere anche che una donna “si trivella”.
Pensavamo sinceramente che ormai il verbo “trivellare”, a proposito dell’atto sessuale, si usasse soltanto nei film di Rocco Siffredi. E invece no. Invece scopriamo che un’agenzia di comunicazione può pensare tranquillamente di utilizzarlo per una campagna elettorale.
Lo ha fatto, nello specifico, l’agenzia BeShapped, proponendo ai Comitati per il Sì per il Referendum del prossimo 17 aprile lo slogan “Trivella tua sorella”, accompagnato da un logo in cui una donna se ne sta a quattro zampe ai piedi di una trivella.
Per inciso, i Comitati hanno respinto la “raffinata” proposta.

Altissimi insegnamenti che si vanno ad aggiungere a quelli delle settimane e dei mesi scorsi. Tipo che “i ruoli esistono in natura”, ed è per questo che “gli iscritti alla facoltà di ingegneria sono quasi tutti uomini” (parola di Mario Adinolfi, tra i leader del Family Day). O tipo che il calo delle nascite è “colpa delle donne istruite”, che distratte dalla fantasia di studiare “non dedicano più il tempo dovuto alla procreazione” (parola di Camillo Langone, giornalista de Il Foglio).
Per non parlare dell’esercito di commentatori da social network che, quest’estate, a seguito dello stupro di una minorenne a Roma e della sentenza che scagionava un branco di violentatori fiorentini, riempirono Facebook di frasi edificanti (“chissà com’erano vestite, ste troie”, “si strusciano e poi ti vogliono mettere nei casini” e via dicendo).

E pensare che, più o meno due mesi fa, quando ho pubblicato una serie abbastanza ravvicinata di articoli sulla condizione della donna, a mio avviso terrificante, in molti (uomini, ma anche donne) mi hanno tacciato di esagerazione, ricordandomi che la segregazione è finita da un pezzo, la donna non è né sottomessa né nemmeno subalterna all’uomo. Che la parità è stata conquistata, finalmente.
Meno male questa vostra visione rosea, lineare e priva di problemi.
Io, se permettete, continuo nelle mie esagerazioni e continuo, scrivendo, a denunciare tutto questo.
Perché a mio avviso no, la parità proprio non solo non è stata mai raggiunta, ma in questi ultimi tempi ce ne stiamo allontanando sempre di più, in una sorta di atroce, assurdo, rinnovato medioevo.
E perché no, non è proprio questo il mondo in cui voglio vivere.

Riccardo Lestini

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬