Se il suicidio diventa un gioco

La storia terrificante di “Blue Whale” – il gioco on line che, attraverso una serie di prove agghiaccianti spingerebbe gli adolescenti al suicidio – è tragicamente esemplare dei tempi che stiamo vivendo.

La notizia, lanciata su Italia 1 da un lungo servizio de “Le Iene”, è rimbalzata ovunque nello spazio di un niente. E, ovviamente, ha dominato per qualche giorno i dibattiti in tv, sui giornali e sui social. Soprattutto, sui social.

Poi, evaporato l’effetto novità, la notizia – come sempre accade – si è pian piano sgonfiata.

Per poi riafforare in questi ultimi due giorni, ma con toni e contenuti completamente diversi. Gli articoli di queste ore infatti, presenti più o meno in tutte le principali testate, cartacee e on line, mettono in dubbio, con argomentazioni molto più che serie e convincenti, l’attendibilità e la veridicità di tutta quanta la storia.

E non è che i giornalisti autori di questi articoli (tra tutti segnalo quello di Lorenzo Fantoni, che trovate anche on line sul sito de “Il Corriere della Sera”) abbiano dovuto fare chissà quali approfondite controinchieste o aprire chissà quali dossier. Sono bastati semplici ragionamenti dettati dalla logica più elementare.

Il risultato è una storia – quella di Blue Whale appunto – assolutamente priva di riscontri certi e provati in ogni suo passaggio, costruita e fomentata da un generale “sentito dire” ingigantito dal passare del tempo e, soprattutto, dal correre delle voci, e che, almeno nella sua diffusione italiana, ha come unica fonte lo stesso servizio de “Le Iene”, ovvero una trasmissione che, se un tempo era divertente e provocatoria, da qualche anno si è trasformata in un contenitore di finti scandali e notizie di vario genere gridate con criteri quanto meno discutibili.

Il problema è che se, come sembra assai probabile, “Blue Whale” non esiste e la sua trama può al massimo essere riciclata per una brutta serie televisiva, di sicuro esiste un internet malato e pericoloso di cui gli adolescenti sono le vittime principali.

E di sicuro esistono adolescenti fragili che per motivi ai nostri occhi sempre più sotterranei e sempre più difficili da carpire, si fanno del male, si infliggono punizioni, si staccano dalla realtà e si tolgono la vita.

Adolescenti a cui troppo spesso chiediamo di essere adulti. E che troppo spesso lasciamo sempre più soli in un mondo diventato adulto nella maniera più feroce e spietata possibile.

Dovremmo affrontare seriamente tutto questo.

Chiederci perché li abbiamo lasciati soli e perché continuiamo a farlo in maniera sempre più gigantesca e atroce. Chiederci perché uno straordinario strumento di progresso come la rete è diventato un campo minato senza che noi avessimo fatto nulla per impedirlo.

Dovremmo parlarne ogni giorno di queste cose, proteggere i nostri ragazzi, accompagnarli nella crescita, fornirgli uno straccio di mappa dignitosa per orientarsi in questo assurdo labirinto che è il mondo, dargli quanto meno il diritto a essere ragazzi.

Niente di tutto questo.

Siamo solo capaci di costruire da tragedie reali notizie fasulle e leggende metropolitane.

Soltanto capaci di gettarci sopra a capofitto nel momento del lancio della notizia e poi dimenticarla il giorno dopo.

Soltanto capaci di lasciarli soli, appunto. E di fargli credere che il suicidio, in fondo, è un gioco come un altro.

#resistenzeRiccardoLestini

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