Incontri di vecchi amanti

Così si rincontrano, luielei, certo per caso in un qualsiasi esterno notte d’inverno, dopo che il destino o chi per lui li ha tenuti lontani per anni facendo saltare appuntamenti voluti e cercati. Si rincontrano luielei per puro scherzo di natura proprio adesso che non si vogliono né si cercano più, adesso che sono linee spezzate e trame interrotte nei sentieri della memoria, adesso che ogni cosa è imprevista e quasi tutto inopportuno.
Si rincontrano, luielei, e potrebbero liquidarsi con una scusa qualsiasi, ma non lo fanno, perché quel rivedersi insensato porta venti di giovinezza e colpi al cuore sottili, inevitabili, omicidi.
Dieci sorrisi, imprecisati occhi bassi e troppe frasi rapprese nell’aria. E schiaffi di improvvisa malinconia. Segue un caffè. Il bar è casuale, il primo che incontrano, e ha luci così forti che li costringe a guardarsi davvero e a capire in un paio d’attimi tutto il tempo passato e i chilometri e i quintali
di cose che hanno perso l’uno dell’altra.
Ci sono anni nelle rughe che adesso si annidano sotto gli occhi di entrambi, e dentro quegli anni storie, altri amori, dolori, gioie, lotte quotidiane, traslochi, bollette, forse figli.
Arriva il caffè.
“Dove lavori adesso?”, chiede lui. Chiede questo ma pensa i tuoi occhi, santiddio, erano pieni di mare, e dov’è finito oggi tutto quel mare verdazzurro che portava il tracciato incerto e indefinito dei sogni?
“In un’agenzia di stampa, e tu?”, risponde lei. Risponde questo ma pensa gesticoli di meno, hai meno ferocia addosso, sembri quasi calmo, quasi tranquillo. Quasi rassegnato.
“Sono nell’organizzazione di eventi…concerti, mostre, cose così…”. Scrivevi. Ho ancora le tue poesie e i tuoi racconti da qualche parte, ma non li ho più letti. Mai più, dal giorno che ci siamo lasciati. A proposito, ma chi ha lasciato chi? E perché? Non mi ricordo più…
“Sono contenta….era quello che volevi fare, no?”. Sì, ma sei felice?
“Bè, sì…magari me lo immaginavo un po’ diverso però….però non posso proprio lamentarmi…”. Però a volte ripenso a quei tempi là, i nostri tempi, e mi prende una strana sensazione di vuoto e vertigine e vorrei urlare e scappare e impazzire…
“E’ quello che dico anch’io…”. Io non lo so se sono felice. Credo di sì, anche se spesso mi sento in gabbia. Una volta ti dissi ‘se un giorno ci lasceremo ti ricorderò per sempre come l’uomo che mi ha buttato via l’orologio’. Avevo ragione. Dio come avevo ragione. E non lo so se eri tu o gli anni che avevamo, ma il tempo non esisteva davvero, le giornate erano un flusso continuo di gente e birra e canne e casino e non contava niente, se non innamorarsi e innamorarsi ancora.
“Sei sposata? Hai figli?”. Non fermi più i capelli con le matite, le tue lunghe gonne zingare chissà dove le hai buttate. Però le tue mani si muovono come sempre, come sempre frughi dentro la tua borsa ovviamente enorme, immensa (sì, ma cosa c’è dentro adesso?), e come sempre non trovi niente di quello che cerchi…
“Sì. E ho due figli. Elena ha quattro anni, Edoardo due”. Quella volta che avevo un ritardo di due settimane e comprammo un test di gravidanza nella farmacia sotto casa tua, te lo ricordi? Ti ricordi che paura? Ma tu ogni tanto ci pensi ancora?
“Anch’io sono sposato, ma non ho figli”. Sì, ma sei felice?
“Arriveranno…”. Sì, ma sei innamorato?
“Arriveranno”. Sì, ma sei innamorata?
“Cosa farai quest’estate? Già deciso?”. E quella volta che ancora non mi fidavo di te ma presi coraggio respirando forte e ti telefonai per chiederti com’era andato l’esame e tu eri tutto allegro e felice e dicesti domani ti sequestro e ti offro da bere, e sei arrivato splendido e arrogante, con la tua aria di rivoluzionario demodé e io mi sono sentita morire dentro, perché già ti smaniavo, già ero tua e non volevo essere di nessuno…
“Volevamo andare nei paesi baschi, ma tutto da decidere ancora…”. E quella volta al ristorante, il compleanno d’un amico e una tavolata di trenta persone, e noi sbronzi e innamorati e volevamo fare l’amore, dovevamo farlo, in quel preciso istante senz’altra soluzione possibile, questione di vita o di morte, e allora ci siamo alzati e siamo scappati via dalla cena e dalla festa e non mi ricordo nemmeno se siamo più tornati…
“Noi andremo al mare, in riviera, sai…i bambini…”. E quando la sera arrivavi a casa mia coi tuoi vestiti sdruciti e non c’era nessuno e mi spogliavi e mentre mi prendevi ti chiedevo sempre ‘ti piaccio?’ e tu sempre rispondevi con gli occhi illuminati d’amore ‘da morire’….
È tardi. Il tempo passa sempre troppo veloce, a quest’età.
È tardi e così luielei si alzano, pagano ed escono dal bar. Restano un po’ in piedi uno accanto all’altra, entrambi incerti e indecisi su quali siano le parole per salutarsi.
“Mi ha fatto davvero piacere rivederti”, dice lei. Dice questo, ma pensa avrei voglia di fare l’amore con te, subito. Vorrei che tu mi spogliassi e mi prendessi con la stessa luce di allora…
“Anche a me, magari un giorno di questi….”, risponde lui. Risponde questo, ma pensa vorrei d’incanto la nostra Y10 qui davanti a noi, e scappare e finire nelle nostre strade sterrate e poi spogliarti mentre i vetri s’appannano e tu mi sospiri sul collo…
“Magari sì…, sentiamoci….ciao…”, dice ancora lei dandogli un bacio sulla guancia e sparendo nella folla della sera. Se ne va e sparisce, ma pensa ti prego, non chiamarmi mai, mai, perché non saprei dirti altro che ‘ti prego, dimmi ancora che sono speciale come solo tu hai saputo fare…’.
“Ciao…buona serata…”, risponde ancora lui, al ciao e al bacio e guardandola sparire nella folla della sera. La guarda andarsene e sparire, ma pensa no, non ti chiamerò mai, non avrebbe senso, sarebbe triste e inutile perderci nella pur dolce malinconia del non appartenersi più e del non esser mai stati futuro. Anche se vorrei tanto dirti: ma lo sai che ho ancora sulla mia scrivania quella marionetta che mi regalasti senza bisogno d’un anniversario? E ancora vorrei chiederti: piangi ancora per la cieca di Charlot?

#leStagioniDellAmore
#storieRiccardoLestini

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