La mattina allo specchio

Mi chiedo: perché? La vita, come diceva Eraclito, è come un fiume in cui tutto scorre e niente e nessuno potrà mai farci il bagno per due volte nella stessa acqua. La nostra natura più vera risiede nella mutevolezza, nella continua metamorfosi di noi stessi, nelle nostre infinite e incessanti palingenesi. Rinasciamo ogni giorno e ogni istante siamo diversi. E’ questa la grandezza dell’uomo e la grandezza del mondo. Però, perché equivochiamo questo concetto così alto e vero? Lo snaturiamo, lo rendiamo letale e suicida. Confondiamo il cambiamento con l’abiura da noi stessi, con il rinnegarci, con il vergognarci del nostro passato.
Perché? Perché proviamo questo perverso piacere nell’irridere ciò che siamo stati a quindici, sedici, diciotto o vent’anni? Perché ci mettiamo addosso questo sorriso vagamente sadico a ripensare alle nostre crisi e domande adolescenziali? Perché riusciamo a sentirci adulti solo nel gettare merda su quella stagione della nostra vita? Leggo e sento molte cose scritte da più o meno coetanei, le sento per strada e le leggo qui su facebook, e non mi piacciono. E’ tutto un disprezzare, un irridere.
Ma così facendo, non si diventa adulti. Si diventa solo cinici, freddi e cattivi. Impermeabili alla bellezza, alla gioia, refrattari alla sorpresa, allo stupore. In sostanza, si perde la parte migliore di noi stessi, quell’essere giovani e fanciulli che non si dovrebbe perdere mai. Così ci illudiamo soltanto di essere uomini e donne, ma in realtà diventiamo macchine fredde e spietate che restano bambine nella parte peggiore: critichiamo, disprezziamo, siamo crudeli e non sappiamo assumerci la minima responsabilità, pretendiamo sempre di aver ragione, siamo scissi, irrisolti, incapaci di capirci. E ci illudiamo di essere adulti.
No. Essere uomini, diventare uomini, vuol dire cambiare senza rinnegarsi, senza irridere ciò che eravamo.
A diciott’anni cercavamo il senso della vita nei versi delle canzoni, sospiravamo sui libri e sui film, vivevamo ogni cosa come un’avventura, la vita ci stupiva e ci sorprendeva, ci batteva il cuore e lo lasciavamo battere. Ci innamoravamo e per amore facevamo follie. Perché perdere tutto questo? Perché volerci a tutti i costi sputarci allo specchio? Perché rinunciare alla bellezza? Perché rinnegare l’aspirazione all’assoluto?
E infine. Dai ragazzi di oggi pretendiamo rispetto. Che autorità pretendiamo di avere se consideriamo le loro passioni più vere e viscerali come delle stupide paturnie infantili?
Sono un uomo oggi, non più ragazzo. Un uomo orgoglioso di piangere, emozionarsi e sospirare ancora…

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