Il concetto di Europa

Oggi parlare di Europa non soltanto come realtà geografica, ma anche – e soprattutto – come entità politica e culturale dai confini ben definiti, è scontato.
Eppure il concetto di Europa, sia dal punto di vista geografico che culturale, è assai recente, così come recente è l’idea di un’Europa centro e motore dei principali progressi dell’umanità, sociali e tecnologici.

Per gli antichi Greci – che fissarono nel mar Mediteranneo il centro culturale, economico e politico del mondo allora conosciuto – “Europa” era un termine geografico indefinito, indicante i territori a nord della Grecia di cui non si conoscevano i confini (il geografo Ecateo di Mileto, nel V secolo a.c., indica tali confini nelle mitologiche regioni iperboree).
A opporsi, nella dialettica geopolitica del tempo, sono i concetti di “occidente” e “oriente”, più generici ma, se guardati con l’occhio odierno, al tempo stesso più circoscritti. L’oriente è ciò che sta a levante rispetto alla Grecia, mentre l’occidente è identificato con la Grecia stessa (e con tutti i siti permeati di cultura greca, come l’Italia del sud).
Una dialettica che trova la sua stessa ragion d’essere nel secolare conflitto che oppose l’impero persiano e le poleis greche, dove a scontrarsi non sono soltanto due eserciti in cerca del predominio assoluto nei commerci mediterranei, ma due culture, due civiltà diverse per usi, costumi e organizzazione. Oltre cento anni dopo le guerre persiane, e alla vigilia della conquista della Persia progettata da Filippo di Macedonia e portata a compimento da Alessandro Magno, scrive Aristotele nella “Politica” come “gli asiatici sono intelligenti e industriosi, ma privi d’animo, perciò vivono spesso in sudditanza e in servitù”. Proprio la sfera politica – la partecipazione o meno alla vita pubblica, la divisione dei poteri o il potere assoluto – è la principale discriminante tra oriente e occidente. Non a caso Alessandro Magno sarà pesantemente criticato e contestato in patria quando, con la conquista della Persia, della Mesopotamia e, soprattutto, dell’Egitto, si farà adorare come un dio da quei popoli, abbandonandosi quindi a “pratiche orientaleggianti”.
Un’accusa che verrà replicata identica nei secoli successivi, per Caligola, Nerone e per tutti quegli imperatori che vollero governare l’Impero romano in maniera dispotica, considerando il popolo fatto di sudditi e non di cittadini.

Tuttavia mentre, come abbiamo visto nel passo di Aristotele, i termini “Asia” e “asiatico” sono già in uso sin dai tempi antichi, “Europa” ed “europeo” non figurano in nessun documento di rilievo.
Nel tempo infinitamente lungo del dominio romano, con la repubblica prima e con l’impero poi, i concetti di oriente e occidente restano inalterati (anche se con un singolare cambiamento di prospettiva: la Grecia, che fino al dominio di Roma era stata la sintesi dell’occidente, diventa via via la porta d’accesso per l’oriente), pur se, proprio grazie all’azione unificatrice del governo di Roma, i contrasti si affievoliscono fino a sparire quasi del tutto.
Ma riemergono puntualmente a termine della felice e prospera “età dell’oro” dell’Impero romano e all’inizio, nel III secolo d.c., di una lenta e inesorabile crisi da cui Roma non saprà più riprendersi completamente.
Ma ancora, in piena crisi di Roma, un’idea di Europa anche solo lontanamente corrispondente alla presente, non esiste. Quando l’imperatore Diocleziano, per far fronte alla crisi, “inventerà” il governo tetrarchico che prevedeva la coesistenza di due “Augusti” e di due “Cesari” dividendo lo sterminato territorio romano in due aree (divisione che verrà sancita ufficialmente e in maniera definitiva da Teodosio un secolo più tardi), per “occidente” si continua generalmente a far riferimento all’area mediterranea, non certo a una realtà rapportabile all’Europa attuale. Centro e nord, futuri centri propulsori dell’identità continentale sono viste o come pericolose aree di confine, oppure, direttamente, non sono comprese nell’amministrazione romana.

Perciò, se non è possibile trovare nella storia greca e romana tracce dell’Europa futura, occorre cercare, come per la quasi totalità delle istituzioni moderne e contemporanee, nell’epoca successiva, vale a dire nel medioevo.
È infatti proprio nel pieno dell’alto medioevo che, per la prima volta e in un documento di rilievo, troviamo il termine “europei” usato per qualificare una identità culturale.
A usarlo è l’abate irlandese san Colombano, il quale, in una lettera inviata a papa Gregorio Magno, chiama Europa quell’occidente comprendente le aree germanica, franca e italica che culturalmente si riconoscono non tanto genericamente nel cristianesimo, quanto specificatamente nell’autorità del vescovo di Roma.
Ma ben più importante è il contesto in cui, due secoli più tardi, il monaco Isidoro Pacensis usa il termine “europei”. Egli chiama infatti “europei” quei soldati che combatterono al seguito di Carlo Martello nella leggendaria battaglia di Poitiers: “prospiciunt Europenses Arabum tentoria, nescientes cunct aesse pervacua”.
Non poteva esserci dizione più emblematica. Gli europei sono coloro che hanno arrestato l’avanzata araba al confine tra Spagna e Francia e che, vincendo quella battaglia, hanno difeso la propria identità culturale. Che da questo momento in poi inizia a delinearsi in maniera specifica.

Se quindi la battaglia di Poitiers (732 d.c.) può essere assunta come quinta simbolica per l’origine di un moderno concetto di Europa, è l’azione politica del nipote di Carlo Martello, ovvero Carlo Magno, l’ambito in cui cercare l’origine dell’Europa come spazio geopolitico ben definito.
La creazione del Sacro Romano Impero, per quanto istituzione incompiuta, fragile e destinata a sfaldarsi già l’indomani della morte del fondatore, ebbe il duplice effetto di aggregazione e rilancio di un’area vastissima, caduta in depressione da un tempo incalcolabile.

Da questo momento in poi, pur tra mille conflitti che videro contrapporsi continuamente le principali realtà nazionali, può dirsi avviato un processo di definizione di una certa identità europea, per cui il concetto e l’idea stessa di Europa, ovvero in un’area che trova il suo centro propulsore e ideale nell’asse franco-germanico, non solo sarà definito in maniera sempre più precisa, ma non verrà nemmeno più messo in discussione.
Anche nei momenti più drammatici e conflittuali, gli stati europei, nel bene e nel male, finiranno per influenzarsi a vicenda: sarà così per l’età delle grandi scoperte a cavallo tra XV e XVI secolo, per la diffusione degli ideali illuministi e della rivoluzione francese, per i nazionalismi dell’età del romanticismo e per le invenzioni e i progressi tecnologici delle due rivoluzioni industriali.
Tutti momenti epocali che influenzeranno strutture economiche e politiche, che vedranno più o meno simultaneamente la fine degli assolutismi e l’origine delle moderne democrazie borghesi, la nascita dei concetti di stato e nazione e il salto nella contemporaneità industriale, la follia della corsa al colonialismo e agli armamenti e la tragedia delle guerre mondiali.
Fino al sogno più che attuale, ma continuamente frustrato e mal gestito (ma al tempo stesso impossibile da abbandonare), di creare gli Stati Uniti d’Europa.

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#storieRiccardoLestini

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