Quando le persone sparivano nei garage

Parliamo oggi di un film risalente al crepuscolo del secolo scorso, anno 1999 di nostro signore, regia di Marco Bechis, titolo GARAGE OLIMPO, scelto da Diego Armando che, vistolo, sbiancò e si sorprese alquanto che sul pianeta terra, solo una trentina d’anni or sono, succedessero cose simili. Quando poi al buon Diego Armando ebbi l’ardire di dire che ste robe qua accadono ancor oggi, egli svenne, ma con la dignità che più gli è propria.
Il film è un autentico cazzotto sullo stomaco, un pugno alla mandibola e un calcio nei coglioni. Non necessariamente in quest’ordine, ma la sequenza rende bene l’idea, mi pare.
Glaciale, freddo, spietato.
Ambientato nel 1978 a Buenos Aires, ai tempi della dittatura militare di Videla, quella dei desaparecidos per intenderci, il film di Bechis ci racconta la storia di Maria, maestra 19enne e militante contro il regime, arrestata da un gruppo di militari in borghese e condotta in un campo di concentramento sotterraneo (uno dei trecento attivi a Baires all’epoca), chiamato in codice “Garage Olimpo”. Qui, nel garage/lager, Maria scopre che l’aguzzino che dovrà personalmente occuparsi del suo interrogatorio altri non è che Félix, timido e taciturno ragazzo di vent’anni, pensionante proprio in casa di Maria e, per di più, innamorato di lei.
Non aspettatevi però una ricostruzione filologica della tragedia della dittatura militare argentina. Quel che più ci piace di sto film qua è che non c’è pretesa di affresco storico, ma si concentra su una microstoria infinitamente piccola e, di conseguenza, infinitamente più gigantesca.
Una storia minima dove la macrostoria è mostrata da porte socchiuse (segnatevi a doppio circoletto rosso la sequenza della madre di Maria nel confessionale della chiesa e quella di Félix nella stanza dei bambini) e che, come tutte le storie minime splendidamente raccontate, esula e sfugge allo stesso contesto storico in cui è collocata.
Non è infatti, “Garage Olimpo”, semplicemente un film sulla dittatura argentina e sui desaparecidos.
È molto di più. Un film sulla banalità del male, sull’orrore che vive accanto e dentro di noi, sul rapporto tra vittime e carnefici e, soprattutto, sulla violenza dello Stato contro i cittadini. Non dello Stato argentino nel 1978, ma di ogni Stato, dittatoriale o sedicente democratico, ancora oggi.
Nessun cedimento, nessun compiacimento, nessun patos. Solo la banale, terrificante e spietata, violenza che si fa routine.
Una curiosità: molte comparse sono figli e parenti dei desaparecidos, molti abiti di scena appartenevano alle persone scomparse.
Guardatelo. Per ricordare quando oltre 30mila persone sparivano nei garage.
Per riflettere sull’agghiacciante brutalità dei quotidiani omicidi.

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