Le parole che non ti ho detto – A come… (parte seconda)

A come…

ALLIDERE, ovvero percuotere quando ci si esprime in versi, perché la poesia è così, prende i termini più brutti, i significati più orrendi e pure a loro dona musica e armonia; ché è come Perseo, la poesia, che per uccidere la Gorgone e liberare il mondo della pietra sceglie la leggerezza aerea di calzari alati e di non guardare l’orrore in faccia, ma riflesso in uno specchio, e solo così, con leggerezza e orrore riflesso, può uccidere il mostro e, con la sua testa recisa, depositandola sul fondale marino, dar vita ai coralli, dar vita a uno splendore da qualcosa di mostruoso, ché dai diamanti non nasce niente e dal letame nascono i fiori… ; e allora in poesia no, non si dice percuotere, si dice allidere, che ha un suono rotondo, un passaggio di musica pizzicato e quasi dolce, ché la poesia è come Perseo, e le cose mostruose deve trasformarle in coralli.
E “colle man percosse e allise”, scrive giustamente Boccaccio.

ALMANACCARE, che ha un suono così pieno e pulito, questa parola, che è un piacere udirla e pronunciarla, supremo godimento di labbra e orecchie; e vorrebbe dire perdersi nei meandri infiniti della propria mente per trovare una soluzione a qualcosa di estremamente complicato, sforzarsi per trovare il risultato di un enigma impossibile; e così quando ci si smarrisce nei propri pensieri per ore e ore, finendo per trovare soluzioni forse anche e ancora più complicate dei problemi non si fantastica mica, ma si almanacca, che almanaccato, ci dice Tommaseo quando scrive di “sofisticherie almanaccate” è qualcosa di estremamente contorto e complicato.
“Non chiudeva occhio, almanaccando dov’egli potesse trovar denaro” (Verga)

AMMENNICOLO, ovvero un puro pretesto, un cavillo più piccolo di un cavillo a cui si tenta disperatamente d’aggrapparsi; ovvero piccolo accessorio di giunta; ovvero oggettucolo di poco conto e molto più che scarsa rilevanza. Eppure questa parola è tragicamente bella. Così bella che cotanta bellezza può voler dire solo una cosa: che è nelle inezie, in ciò che spesso apparentemente è di pochissimo conto, nei mille e mille nostri amati ammennicoli che spesso risiede il significato più alto della nostra esistenza, quelle “piccole cose in cui la grandezza della vita in pace si scopre”, come scriveva Pasolini in un canto disperato e bellissimo che, di ammennicoli, era pieno zeppo.

ANCESTRALE, ovvero una parola che, pur danzante e leggerissima, porta su di sé tutto il peso misterioso delle origini dell’umanità; perché non significa solo un qualcosa che genericamente si riferisce ad avi e antenati, ma ciò che specificatamente, si deposita nel profondo della nostra anima come pulviscolo soffiato via da chi ci ha preceduto, quell’eredità insondabile, misteriosa, viscerale e inspiegabile che ci tiene attaccati alle nostre radici dandogli senso.
Una parola di disumana immensità che sì, è praticamente un delitto non usare mai.

(il vocabolario continua, venerdì prossimo… )

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