Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne

Carla, quando era incinta di otto mesi, è stata bruciata viva dal suo ex compagno, l’uomo che le diceva ti amo, il padre della figlia che portava in grembo.
Un autentico miracolo ha fatto sì che sia lei sia la bimba si salvassero.
L’uomo, proprio ieri, è stato condannato a 18 anni di carcere.
Giusto che di questa storia è di storie simili, identiche (dove però, se un miracolo salva la vita delle vittime, la norma è una morte assurda e violenta), se ne parli in continuazione, fino allo sfinimento, fino a non poterne più.
Ma non basta parlarne.
Perché quando ne parliamo, quando ci indigniamo, quando gridiamo nessuna pietà per gli autori delle violenze, è già troppo tardi.
Delitti e violenze atroci come questa sono infatti il termine ultimo, il risultato orrendo di un percorso spaventoso che parte da molto lontano.
Che parte da cose apparentemente innocenti come “sta brutto che una donna si comporti così”, “questo è compito di una donna”, “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”, “la donna è madre e moglie”, “la donna è la custode della casa, l’angelo della famiglia”, “una donna deve proteggere e curare”… o come “se reagisco così è perché ti amo troppo”, “se mi ami non uscire da sola con le tue amiche”, “se mi ami rinuncia”, “la tua libertà è una mancanza di rispetto” e via dicendo.
Cose che ci sembrano innocue, su cui passiamo sopra e che spesso ci sforziamo di capire, giustificare, accettare come normali. E che spesso addirittura condividiamo.
Senza capire che è proprio da lì che nasce e germoglia la pianta malata del femminicidio.
Per questo domani, giornata contro la violenza sulle donne, ho deciso di mandare tutte le mie alunne a un corso preliminare in cui si parlerà di questo. Non di femminicidio, non di violenze, omicidi, donne violentate e uccise. Ma in cui si parlerà semplicemente del significato della parola “indipendenza”.
Una cosa piccola, piccolissima.
Ma se un mondo meno atroce di questo ancora può esistere, penso che possa essere costruito solo sommando miriadi di piccole cose come questa.
E che poi vadano a comporre un mosaico che, finalmente, ci renda orgogliosi di essere uomini.

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