Senza via di uscita (il doppio golpe di Erdogan)

Morto un golpe se ne fa un altro.
Così, fallito quello dei militari, ecco l’istantaneo via libera al colpo di stato personale e vincente del presidente Erdogan.

A mente più fredda, a distanza di giorni, il tentato golpe militare più che un colpo di stato appare sempre più come la sua parodia: male organizzato, privo di coperture sia all’interno sia all’estero, avventuriero, incauto. Senza nomi realmente di spicco in cabina di regia (un manipolo di generali, molti colonnelli ostili alla politica di Erdogan giudicata troppo lontana da quel laicismo di cui, da sempre, proprio l’esercito si considera garante assoluto), è il primo colpo di stato militare a fallire nella storia della Turchia.

Un’operazione goffa. A tratti decisamente grottesca.
Forse un po’ troppo grottesca, al punto da pensare che vorrebbe il tentato golpe un’enorme messa in scena dello stesso Erdogan per rafforzare se stesso, non appare poi così assurda e fantascientifica.

In ogni caso, che ci sia lui stesso o meno, l’unica certezza è che questo “putsch” maldestro e fallimentare abbia favorito Erdogan in maniera a dir poco enorme, immensa, spropositata.
È di fatto, per Erdogan, il via libera alla definitiva svolta autoritaria e religiosa del paese cui tende dal 2003, data della sua prima elezione. Già caratterizzatosi da tempo per la politica assolutamente lontana da qualsiasi parvenza democratica e liberare (il controllo totale sui mezzi d’informazione, la repressione sistematica), la notte del 15 luglio diventa la giustificazione per l’epurazione definitiva delle opposizioni, delle parti avverse al governo. La giustificazione a una vera e propria operazione di purga: non è un caso che, a golpe appena represso e a ordine governativo appena ristabilito, erano già pronte liste nere di responsabili o presunti tali comprendenti migliaia e migliaia di nomi.

In definitiva, il colpo di stato militare fallito apre la strada al compimento del colpo di stato di Erdogan, al compimento della trasformazione definitiva della Turchia nel suo personale sultanato.

Un colpo di stato militare è sempre una sciagura per il popolo che lo subisce e ha sempre conseguenze catastrofiche, specie in questo momento storico, con la Turchia in posizione delicata e determinante per un complesso e decisivo incrocio di equilibri internazionali tra Europa, Nato, Russia e medio oriente.
Ma il coro di “sollievo” delle democrazie europee a golpe sventato, suona davvero insensato, anch’esso decisamente grottesco: è ugualmente una sciagura, forse anche peggiore, la certificazione di nascita di una feroce dittatura personalistica a tutti gli effetti, ugualmente una sciagura vedere scene dove ribelli pentiti pregano in ginocchio invocando perdono davanti alla gigantografia di Erdogan.
Ugualmente una sciagura, senza alcuna via di uscita, un sultanato per questa Turchia polveriera d’Asia e d’Europa.

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