Da “Charlie” al lungomare

Charlie Hebdo, il Bataclan, la Promenade des Anglais.
Negli ultimi diciotto mesi in Francia ci sono stati oltre 250 morti (fatta eccezione per qualche agente in servizio, tutti civili) per attacchi terroristici sul territorio nazionale.
Una cifra superiore a quella dei militari francesi caduti in guerre più o meno lontane, dal Mali alla Siria.

La guerra ordinaria, quella dei bombardamenti e degli eserciti che si fronteggiano, quella che pur nell’ombra si continua a combattere in medio oriente, tra Siria e Iraq, sembra rivestire un’importanza sempre più secondaria. Mentre infatti il califfato perde pezzi cedendo città e territori sotto l’avanzata delle truppe di coalizione, le risposte ai suoi proclami alla guerra santa crescono in maniera esponenziale.
Mentre l’Isis arretra in medio oriente, l’orrore cresce ed esplode in occidente.

La guerra vera, o quanto meno il suo fulcro più roboante ed eclatante è qui, in occidente.
Lo è sia materialmente, con la Francia teatro privilegiato dell’orrore, sia idealmente, con la logica del terrore penetrata ovunque e lo stravolgimento del quotidiano in atto in ogni dove.
Ma lo è soprattutto per il fatto che, per quanto l’invito alla jihad e allo sterminio degli infedeli arrivi da fuori, esso trova terreno fertile, reclute, proseliti e – soprattutto – messa in pratica all’interno dell’occidente, tra donne e uomini che sono, a tutti gli effetti, cittadini di quell’Europa che intendono distruggere. Chi mette le bombe, chi risponde agli appelli dei portavoce del califfato, chi semina morte e terrore è, lo si voglia o no, nostro concittadino: per quanto assolutamente nuovo nelle modalità e in certi modi operandi, il terrorismo di matrice islamica non differisce affatto da altri terrorismi “storici” e “classici”. Come essi, viene dall’interno della società che intende colpire e distruggere, e come essi, di quella società, ne rappresenta una stortura, una degenerazione, un fallimento (e non è un caso quindi, la Francia: essa, con le sue banlieue, è l’emblema stesso di un’integrazione fallita, di un intero modello sociale traballante che oggi, a generazioni di distanza, esplode nella sua più cruenta drammaticità).

Per risolvere il problema, reagire e sconfiggerlo, è quindi verso l’interno, verso noi stessi che noi “occidente” dobbiamo volgere lo sguardo.
Il che non significa né autoaccusarsi e auto indicarsi come responsabili originari di ogni male scivolando nelle più pericolose ambiguità (atteggiamento tanto caro a certa sinistra), né alzare muri e barriere e cedere all’autoritarismo opponendo al fuoco una potenza di fuoco maggiore (atteggiamento tanto caro a certa destra).
Al contrario, significa ripensarsi come società. Ripensare quei valori fondanti della civiltà democratica che ogni terrorismo vuole distruggere insanguinando la quotidianità della gente comune. Ripensarli per difenderli e difenderci. Ripensarli per capirne quelle zone d’ombra che generano mostri, quelle periferie oscure dove nascono le degenerazioni e si annidano i germi del terrore. Ripensarli per capire come la democrazia europea nella sua atavica imperfezione, anche quando mostra ingiustizie, offese, esclusioni, vale comunque la pena di essere vissuta.
Capire che cultura e civiltà democratiche, in passato sono riuscite a sconfiggere i terrorismi solo ed esclusivamente ricompattandosi su tali presupposti.

L’impressione purtroppo è che si stia andando in direzione contraria.
Che la tentazione di una deriva populista e di estrema destra, del muro contro muro, della semplificazione suicida del “noi contro loro”, di quello scontro senza quartiere e di quell’autoritarismo che è la negazione stessa delle basi su cui poggiano le nostre democrazie, si stia lentamente affermando e trionfando. Con un panorama politico e sociale – intanto quello francese, ma di riflesso già gran parte di quello europeo – che invece di compattarsi e fare fronte comune, si sfalda alimentando paure, rabbie, incertezze, instillando nella società fratture che rischiano di essere – o forse già sono – irreversibili.
Fratture che non sconfiggono il terrorismo, ma lo alimentano. E non difendono la democrazia, ma la indeboliscono.
In un tragico scenario che, come scriveva Ezio Mauro due giorni fa su “Repubblica”, ricorda la notte di Valpurga nel finale dei “Miserabili”: “demoni attaccavano, spettri resistevano”.

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬

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