Amazon e il costo della cultura

Premessa indispensabile: scrivo questo articolo da scrittore, vale a dire con un punto di vista interno e, di conseguenza, interessato e partecipe.
In questi giorni è in atto una vera e propria guerra tra il “colosso” del mercato librario on line, Amazon, e le case editrici.
Oggetto della contesa: il prezzo dei libri.
Su Amazon, come in altre librerie on line, il libro – dalle nuove uscite ai titoli di catalogo – costano generalmente meno. Recentemente la politica di vendita di Amazon ha proposto ulteriori abbassamenti di prezzo, così consistenti da provocare una reazione assolutamente barricadera da parte di editori (Hachette in prima linea) e illustri scrittori (Pamuk, Roth, Kundera tanto per dirne alcuni).
Una strategia di vendita, quella di Amazon, definita da strozzinaggio, che va a rendere pressoché nulli gli introiti delle case editrici.
Il discorso è ampio e complesso, inesuaribile nello spazio di un articolo. Proviamo tuttavia a mettere in fila alcune necessarie e fondamentali considerazioni, nella speranza, come già accaduto in passato, di dare il via a un costruttivo dibattito e scambio di opinioni.
1. Il sottoscritto è, nella sostanza, completamente d’accordo con gli editori e con gli scrittori firmatari della petizione anti-Amazon per frenare l’ulteriore abbattimento dei costi del libro, fermamente convinto che simili politiche siano il certificato definitivo di morte di un mercato, librario e culturale in genere, già agonizzante a livello mondiale.
2. I libri, nonostante la crisi economica che ci troviamo a vivere da anni, non sono affatto cari. In proporzione un libro costa meno, molto meno, di un film al cinema.
Un romanzo in edizione economica, costa in media 10-12 euro, mentre in prima edizione raggiunge al massimo, se ha un numero di pagine elevato, i 22 euro.
Un film al cinema, a prezzo pieno, costa 8 euro, ma non ha nulla a che vedere con l’unicità dell’oggetto libro. Nel senso, negli 8 euro di cinema io pago la visione, comprando il libro io pago anche la proprietà.
Se il prezzo dei libri ci sembra elevato, non è per la crisi, ma solo ed esclusivamente perché la nostra società ha completamente sminuito e distrutto il valore dell’oggetto libro in quanto tale.
Tradotto: il costo lo percepiamo sproporzionato perché, socialmente, non attribuiamo più al libro alcun valore.
3. Un altro vizio, diciamo così, sociale, che ci porta a non riconoscere il reale valore del libro, è l’idea, antica e terrificante, che lo scrittore, e l’artista in genere, non lavori.
Non riusciamo cioè ad associare l’idea della creatività alla fatica.
Nel centro di qualsiasi città, paghiamo senza battere ciglio 10 euro per un aperitivo. Un libro a 15 euro ci sembra invece un’eresia.
Quanto lavoro costa fare un libro? Dalla sua stesura alla correzione delle bozze, dal piano editoriale alla sua promozione sul mercato?
Ce lo siamo mai chiesti?
Se lo sapessimo, forse ci renderemmo conto che i prezzi sono già bassi di per sé.
4. Amazon e altre librerie on line, svolgono un lavoro importante. Ma non possono diventare il principale fulcro del mercato librario. Sarebbe, ripetiamo, la morte definitiva dell’intero settore.
Amazon e siti affini sono indispensabili per libri di difficile reperimento, fuori catalogo e simili, nonché per case editrici medie e piccole che nelle grandi librerie e nei circuiti standard hanno difficoltà a reperire spazio.
Ma la concorrenza sleale sui prezzi delle prime edizioni, può avere come unica conseguenza il collasso definitivo dell’editoria.
Se un libro viene venduto senza generare guadagno per l’editore, vuol dire che l’editore non avrà più soldi per stampare altri libri.
E se non ci sono più editori, non ci saranno nemmeno più autori. E nemmeno più libri.
5. Intanto, le librerie chiudono quotidianamente.
Le piccole librerie stanno sparendo, quelle grandi o resistono agonizzando oppure si reinventano come megastore che con la vendita di libri hanno ben poco a che fare.
Le case editrici medie e piccole, strozzate dagli e-book, dal print on demand, e dalla politica di Amazon, stampano sempre meno libri all’anno, licenziano personale, hanno conti sempre più in rosso e sempre più spesso sono costrette a chiudere i battenti.
Non abbiamo la pretesa di lanciare strali apocalittici sulla centralità dei libri nell’esistenza degli esseri umani.
Di certo, un mondo senza libri ci evoca immagini sinistre di agghiaccianti pretese totalitarie di cui non vorremmo più sentire parlare.
Oppure, come direbbe un nostro amico poeta che vive da anni in un silenzioso isolamento tra la nebbia della campagna di Pavia, un mondo fatto di soli libri sarebbe triste… ma un mondo senza libri sarebbe ancora più triste… 
E voi, come la pensate?

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