Quella babysitter di nome Diana

Ordunque ordunque, correva l’anno 1957, tempo in cui succedevano cose epocali tipo l’inizio delle trasmissioni di Carosello e l’immissione sul mercato del primo modello della mitica Fiat 500, tipo la rottura tra Nenni e Togliatti e la fine dell’alleanza PSI/PCI, tipo il colpo di stato anticomunista nella Repubblica di San Marino (sì, avete letto bene, è successo veramente).

L’anno in cui, tanto per capirci, Jack Kerouac dà alle stampe la prima edizione del leggendario On the road, l’anno in cui i russi lanciano nello spazio i satelliti Sptunik I e II, quest’ultimo con a bordo l’ignara cagnetta Laika, l’anno in cui, in definitiva, l’esercito rivoluzionario dei barbudos guidato da Fidel Castro ottiene le prime vittorie contro i militari del dittatore Batista.

All’epoca, sempre 1957 ovviamente, Paul Anka è un qualsiasi bimbo minchia di appena 16 anni che vive in Canada, a Ottawa, città dove è nato e dove la sua famiglia, originaria del Libano, è emigrata anni e anni or sono.

Al giovane bimbo minchia Paul garba, e parecchio, la musica, ha una voce della madonna e sin da infante ha impressionato mezza Ottawa cantando nel coro della chiesa ortodossa di Sant’Elia.

In quel fatidico 1957 l’imberbe Paul canta col trio doo-woop battezzato “The Bobby Soxers”. Ma è un gruppetto di bimbi minchia come ce ne sono altri mille nella sola Ottawa, composto da amici di liceo che suonicchiano ai compleanni e alla festa della scuola. E nessuno li nota e nessuno si accorge di loro.

Che poi a loro manco glie ne frega niente di essere notati, che a 16 anni si pensa mica a sfondare, al lavoro, al futuro. A 16 anni si pensa ad altro, soprattutto si pensa all’amore.

E l’amore, puntualmente, come per ogni 16enne che iddio ha messo in terra, arriva pure per il giovanissimo Paul.

Lei si chiama Diane Ayoub, ha vent’anni e, ovviamente, è bellissima. Come in un romanzo d’appendice o in una trama dantesca, Paul Anka la vede per la prima volta in chiesa, durante la messa. E perde la testa.

Solo che, per l’appunto, lei ha vent’anni ed è già una donna, mentre lui è come già ricordato un bimbo minchia senza barba né baffi:

“La vedevo in chiesa, alla funzione. Lei aveva vent’anni e io sedici… peggio di così non poteva andare…”

Ovvio che un 16enne ce l’ha mica il coraggio di farsi avanti con un pezzo di ragazza di vent’anni, soffre e ama nell’ombra nella speranza che prima o dopo gli passi.

E così fa il buon Paul: patisce in silenzio e attende fiducioso la fine della tranvata.

Ma il destino, che a volte è stronzo che più stronzo non si può, quell’anno lì decide di accanirsi sul cuore già agonizzante del giovane Paul.

Siccome i suoi genitori lavorano entrambi e Paul ha due fratelli piccoli, urge trovare al più presto una babysitter per i pargoli.

E chi ti vanno ad assumere Mister e Miss Anka? Ma ovviamente la bella e impossibile ventenne Diana Ayoub, che così il povero Paul, da un momento all’altro, si ritrova girare per casa ogni santo giorno in gonna lunga e maglioncino stretto e vita di vespa e occhi chiari e gambe che solo dio sa quanto son belle…

È a questo punto che, e ci mancherebbe altro, Paul va fuori di testa. Non ce la fa più, in sostanza, e per non esplodere definitivamente decide di dichiararsi.

Però sta Diana qua ha vent’anni, e per avere almeno una speranza su un milione di fare un minimo di breccia nel suo cuore distante anni luce, non basta una dichiarazione normale, ce ne vuole una molto più che memorabile.

E siccome lui, bimbo minchia quanto vuoi è pur sempre Paul Anka, per dichiararsi decide di scriverle una canzone. E di intitolarla col nome del suo amore: Diana, appunto.

In pochissimi giorni compone una base calypso, cioè una derivazione del cha cha cha, e un testo che è una vera e propria, ingenua e sofferente, preghiera d’amore per la sua bella Diana:

ohhh.. please… stay by me… Diana…

Quel che accade poi, è qualcosa di molto simile a una catastrofe.

Diana ascolta il pezzo, ride, lo deride e infine lo respinge in malo modo, con qualcosa tipo vai bello vai, prima fatti togliere il latte dalla bocca.

Una tragedia che però nello spazio d’un bau volge in apoteosi. Perché se l’amore va malissimo, quel brano composto con lacrime e sangue cambierà la vita di Paul Anka.

Pochi giorni il gran rifiuto della bella Diana, un manager della casa discografica ABC Paramount ascolta la canzone e se ne innamora, al punto da volerlo incidere all’istante e lanciare Paul Anka sul mercato mondiale come primo teen idol della storia della musica.

In due settimane Paul Anka diventa il coetaneo in cui gli adolescenti di tutto il mondo si riconoscono e il risultato è apocalittico: radio impazzite, nove milioni di copie vendute e successo planetario.

Leggenda vuole che a quel punto la bella Diana ci abbia ripensato, e sia tornata mesta mesta da quell’ex bimbo minchia e neo ragazzo più famoso del mondo a chiedergli scusa e a proporsi per una vita insieme. E che, senza troppi complimenti, Paul le abbia dato un clamoroso (e meritato) benservito.

Ma lo dice la leggenda, quindi chissà.

Quel che è certo è che resta una canzone tra le più famose, cantate e coverate di tutta la storia.

Un testo che magari a noi oggi può pure far sorridere per la sua limpida e totale ingenuità (Oh Diana non riesci a vedere/ Io ti amo con tutto il mio cuore/ E spero che noi non ci divideremo mai/ Oh ti prego, stai con me, Diana), ma all’epoca, 1957, dichiarare spudoratamente un amore per una donna più grande (Io sono così giovane e tu così grande/ Questo, mia cara, mi hanno detto/ A me non importa quel che dicono/ Perché io per sempre pregherò/ Affinché tu e io siamo liberi/ Come gli uccelli sugli alberi) era motivo di scandalo. E per dire certe cose, ci voleva un bel coraggio.

E poi, ingenuo quanto volete, ma quel testo, nella sua banalità, è clamorosamente sincero… perché via su, siamo sinceri, chi non ha spasimato per queste cose a 16 anni?

Allora ascoltiamola e riascoltiamola, ancora una volta.

E dedichiamola a noi… agli splendidi, impossibili e donchisciotteschi amori dei nostri sedici anni…

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