“Negri alle docce” e altre meraviglie di Facebook

Diversi anni fa (non ricordo nemmeno più quanti), collaboravo con una rivista quindicinale che a un certo punto, con mia grande sorpresa, mi chiese di scrivere un articolo sul Grande Fratello. Non fu per niente facile, mi occupavo di cinema in quella rivista, e per di più esclusivamente di film che mi piacevano.
In ogni caso alla fine non parlai nello specifico di quel programma che ogni settimana teneva inchiodati davanti allo schermo milioni di spettatori, ma dell’Italia in genere. In sintesi scrivevo, in termini tutt’altro che entusiasti, che per capire e interpretare la società contemporanea, il suo stato di salute, istruzione, cultura ed emancipazione, occorreva proprio guardare il Grande Fratello, leggerne attentamente i contenuti. Perché un qualsiasi programma con un audience così alto, è inevitabilmente lo specchio della società che ne determina il successo e la fortuna.
Ribaltavo di fatto un’opinione assai diffusa: non era la televisione, e qualsiasi altro mezzo di comunicazione di massa, a instupidire la popolazione, ma l’esatto contrario, vale a dire che la televisione si può permettere di essere molto più che stupida in quanto dall’altra parte trova terreno fertile e fecondo. Come la politica, anche il mass media non determina il mondo, ma ne è la cassa di risonanza.
Testardo di natura, capricorno puro per giunta, difficilmente mi sposto dalle mie idee. Così oggi, dopo tanti anni, la penso esattamente allo stesso modo, e quel discorso fatto circa il Grande Fratello posso riproporlo sostanzialmente identico per quanto riguarda i social network in generale e Facebook in particolare.
Con le sue maglie di censura e moderazione larghissime, praticamente inesistenti, Facebook ospita pressoché di tutto, uno sterminato raccoglitore mondiale di qualsiasi cosa: profili personali, profili pubblici, profili fasulli, fan page ufficiali e fan page farlocche, collegamenti diretti a qualunque sito possibile, sondaggi, videogiochi, pubblicità, video, fotografie e, soprattutto, pensieri, miliardi di miliardi di parole al giorno scritte e condivise su qualsiasi argomento immaginabile, dall’insulto alla tizia che non te l’ha data a profonde considerazioni sui massimi sistemi.
Parla davvero la gente di tutti i giorni, su Facebook, la gente della strada, con poca vergogna e nessun pudore. Dice quello che pensa, fregandosene della grammatica, dell’ortografia, del buon senso, della riservatezza, del buon gusto, della logica e del più elementare politically correct.
Basta quindi poco, pochissimo, per capire in che razza di mondo, e di Italia, viviamo.
Basta un giro di appena una mezzoretta al giorno sull’home page di Facebook per capire, senza troppi sofismi o giri di parole, come l’Italia sia un paese dalla coscienza profondamente (e irrimediabilmente) razzista.
E non scrivo questo, almeno in questa sede, pur ritenendo ogni forma di razzismo e discriminazione assolutamente aberrante, con intento polemico e di denuncia, ma piuttosto di semplice constatazione. Per farla finita, diciamo così, con il mito dell’Italia “nazione aperta”, degli italiani “brava gente”, solidale e ospitale. Non essere razzisti non ha nulla a che fare col pensiero ecumenico del siamo tutti uguali, tutti fratelli, con l’aiuto, l’assistenza, la solidarietà, la beneficenza. Non ha nulla a che fare nemmeno con il concetto di tolleranza.
Non essere razzisti significa l’esatto contrario, vale a dire essere cosciente dell’assoluta differenza anzitutto tra essere umano ed essere umano e, di conseguenza, tra popoli, culture e tradizioni. Significa, in virtù di tale coscienza, capire e comprendere.
La coscienza della diversità è infatti l’unica base possibile per un incontro, un confronto e un rapporto veramente paritetico. Poiché anche il mito della tolleranza è in realtà intriso d’ipocrisia: tollerare non significa incontrare, significa sopportare. Un’ipocrisia che sottende un sentimento di vera e propria superiorità nei confronti dell’altro: sono talmente buono ed evoluto che riesco addirittura a tollerarti.
Rifiutando un incontro reale con l’altro, il razzismo nella sua più forte manifestazione sociale si concretizza nello scaricare colpe e tensioni d’ogni ordine e grado sul diverso, sull’altro appunto, su chi ci si rifuta di conoscere.
In questo senso la tolleranza, gli aiuti, l’accoglienza e la carità, non sono antidoti al razzismo, ma l’esatto contrario, vale a dire la quadratura del cerchio, l’ulteriore giustificazione all’esplosione della rabbia verso migranti, extracomunitari, clandestini e via dicendo.
E in questo senso, ripeto, l’Italia è un paese assolutamente razzista.
Su Facebook il tutto esplode sotto forma di vox populi, senza alcun filtro, in maniera rabbiosa e violenta, becera e volgare.
Prendiamo come esempio il mio quotidiano “giretto di mezzora” sull’home page di FB effettuato ieri e vediamo cos’ho trovato.
Partendo dai profili privati, come prima cosa mi sono imbattuto in un secco e lapidario NEGRI ALLE DOCCE, laddove per “docce” non si intendeva un invito alla gente d’Africa a lavarsi, ma un’invocazione alle docce naziste caricate con gas Zyklon-B. Il motivo di questo proclama, l’ho capito leggendo con più attenzione il profilo, era il furto di tre automobili sulla riviera romagnola ad opera di una banda di cinque tunisini.
Pochi minuti dopo, altro profilo privato, ho letto una disperata invocazione al governo affinché, vista l’epidemia di Ebola che sta falcidiando il centro Africa, si chiudessero una volta per tutte le porte dell’Italia.
Che uno può pensare che un simile proclama sia figlio dell’isteria e del panico da contagio. Anche questo, senz’altro, ma scorrendo il resto del post si scopre che il senso è ancora più profondo. In sostanza il post diceva che bene perdonare i furti, bene perdonare la perdita di lavoro… ma adesso pure l’Ebola, no!! Perché ovviamente, il fatto di ammalarsi di Ebola, è COLPA LORO.
Incalcolabili, ripeto in una sola mezzora, i post edulcorati che civilmente chiedono di AIUTARLI A CASA LORO (e su questo concetto dell’aiuto a casa loro scriverò un post a parte, perché il discorso adesso porterebbe troppo lontano).
Infine, si approda alle pagine pubbliche.
Si parte dalla pagina L’ITALIA AGLI ITALIANI (visitatela, è istruttivo), dove si elencano in maniera puntigliosa e quotidiana tutti i crimini commessi dagli extracomunitari, in particolar modo furti in appartamento e stupri, salvo non dire una parola sui medesimi crimini commessi dagli italiani. Nella pagina in questione, ho anche trovato una proposta di legge. Gli amministratori della pagina chiedono che venga approvata una legge secondo cui può ENTRARE in Italia SOLO CHI HA GIA’ UN LAVORO e UNA CASA. Riflettete sul grottesco contenuto in questa proposta e poi discutiamone.
Si passa alla pagina MADE IN ITALY, dove si trova un post in cui le proposte fatte in Puglia da Nichi Vendola per favorire l’integrazione vengono presentate come LA VOGLIA DI QUEL FROCIO DI VENDOLA DI PRENDERLO IN CULO DAI NEGRI.
C’è poi TERRA NOSTRA, pagina facebook del sito IOCOMBATTO, vero e proprio covo crociato che ha come fine l’estinzione dell’Islam dalla faccia della terra. È in questa sede che, ripetutamente, si posta una sorta di invito a impugnare le armi: questa è una guerra, da una parte noi e dall’altra gli islamici… tu da che parte stai?
Si chiude in bellezza con la pagina E ADESSO FUORI DAI COGLIONI, titolo eloquente che non ha bisogno di altre spiegazioni. Qui ho trovato un curioso post di commento sulla tragica vicenda della famiglia di Prato che sosteneva che le ustioni sulle braccia del figlio 15enne fossero opera del demonio, che li stava perseguitando. Ovviamente nel post non si parlava del dramma di una follia familiare, ma del fatto che questi qua fossero albanesi.
Tutto questo in appena mezzora.
Dato curioso che mi ha colpito: in tutti questi profili privati e pagine pubbliche, ho trovato parole commosse, partecipi e accalorate per la morte del grande Robin Williams. Chissà se fosse scomparso Denzel Washinghton…
Risalendo verso l’alto, infine, c’è Tavecchio che parla di “mangiatori di banane” e Alfano che si scaglia contro i “vù cumprà”.
Ripeto e sottolineo: risalendo verso l’alto. Perché è quello il percorso: non legittimano le beceraggini della vox populi, ma ne sono il prodotto edulcorato e istituzionale, lo specchio ingentilito, la cassa di risonanza più presentabile.

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