Da Bristol al Valdarno (storia di Peter Russell)

Si vuole contarvi oggi la storia d’un altro grande, che però a differenza degli altri è stato completamente dimenticato, in vita come in morte: il poeta britannico Peter Russell.
Classe 1921, nato a Bristol in Inghilterra, Russell è stato a nostro modesto parere il più grande poeta britannico del novecento. Giramondo ossessivo e instancabile, visse praticamente dappertutto, in perenne crisi economica (quand’era studente fu il grande Eliot a prestargli dei soldi per permettergli di continuare a studiare e a scrivere) esercitò i mestieri più disparati, tentò continuamente di vivere della sua scrittura senza mai riuscirci.
Scrisse ininterrottamente, tutta la vita, un diluvio pazzesco di versi, pubblicò una quantità imprecisata di libri (a scorrere la sua bibliografia c’è da rimanere seriamente impressionati), tutti pubblicati con editori piccoli se non microscopici, in patria e all’estero.
Visse dappertutto e soprattutto visse in Italia. Sin dalla fine degli anni quaranta fu spesso dalle nostre parti, Firenze e dintorni, ma anche Roma e Venezia. E in Italia, a Pian di Scò, in Valdarno, provincia di Arezzo, al mulino della Turbina, si stabilì definitivamente a partire dal 1982.
Questo perché amava l’Italia e la letteratura italiana. Grande esegeta di Petrarca, Foscolo, traduttore in inglese di Montale e Quasimodo (poeti che conobbe personalmente al mitico caffè delle Giubbe Rosse in piazza della Repubblica, a Firenze), l’Italia lo ripagò di tanto amore non considerandolo manco di striscio. Tanto per dirne una: a tutt’oggi non esiste ancora la voce Peter Russell in italiano su Wikipedia.
Morì nel 2003, solo e dimenticato da tutti, cieco, malato e nella povertà più assoluta, in una casa di riposo dell’aretino, poche settimane dopo aver ottenuto, su richiesta di alcuni amici, la cittadinanza italiana che gli avrebbe consentito di usufruire del vitalizio previsto dalla legge Bacchelli.
Il perché di tanto oblio è presto detto.
Russell era un vero poeta e scriveva vera poesia. E dei poeti, quelli veri appunto, la nostra società non sa che farsene. Non sa che farsene della contemplazione del mondo, della bellezza, del silenzio indicibile in cui nascono i versi più meravigliosi.
Il mondo in cui viviamo vuole il rumore, quello che nasconde il vero, il fumo negli occhi, la superficie, il vuoto. La poesia viene accettata solo se è aria fritta, se è show (meglio ancora se talk show) fine a se stesso, performance senza troppe conseguenze.
Per questo Russell, che era un poeta vero, che dipingeva in brevi immagini rarefatte l’immobile fluire della vita, è stato sepolto sotto i macigni della più totale indifferenza.
Eppure, ha saputo scrivere cose grandiose e splendide che sarebbe ora di disseppellire e riscoprire.
Della semplicità, del verso piano e medio fece il suo registro stilistico più evidente, dove l’osservazione della meravigliosa e banalissima bellezza del mondo diventa, come in Petrarca, apparizione mistica e divina:
La casa è quieta, tutto è immobile
Io ho scritto tutta la notte.
I primi raggi dell’alba sopra la collina
Riempiono l’intera valle con la loro pace.
Petrarchesca è pure la costante angoscia del passare del tempo, dell’approssimarsi della morte, dell’inevitabile distacco dalla bellezza del mondo e della vita:
Angoscia del tempo che passa
Ma non mi porta con sé… Terrore del vuoto
Asfissia
Sepolto vivo
Poeta al tempo stesso semplice e metafisico, musicale e coltissimo, nei suoi versi traboccano i richiami alla mitologia greca:
Il cieco Omero schernito dalla truppa ignorante
Sorretto tra i muli inventò l’Olimpo
Convinto che la poesia fosse sostanzialmente impresa mitica e adorazione di eroi, Russell è tra quei pochi scrittori la cui lettura è in grado di trasmettere un’autentica tempesta di visioni, immagini, suggestioni.
Non era certo un uomo di questi tempi, Russell, e infatti questi tempi lo presero letteralmente a calci. E nella più atroce indifferenza trascorse i suoi ultimi giorni in una casa di riposo della campagna aretina, fumando nazionali senza filtro e continuando incessantemente a sistemare e risistemare le sue carte, i suoi ultimi scritti.
Ma lo scempio di dimenticanza fatto nei confronti di questo grande artista, è seguitato pure dopo la sua morte. Lasciò tutte le sue carte al comune di Pian di Scò, che immediatamente dopo la sua morte incaricò l’Università di Arezzo di curarne la catalogazione. Una catalogazione che a tutt’oggi, a undici anni di distanza, è ancora lontanissima dall’essere ultimata. Mancanza di fondi, sciatteria, disinteresse. Soprattutto, disinteresse.
Non è per niente facile consigliarvi i libri di Peter Russell. Come scritto sopra, sono stati tutti editati da case editrici minuscole, microscopiche. Non aspettatevi di andare in libreria, in una grande libreria, e trovarli. Mondadori e altri grandi editori, gente come Russell mica la pubblicano, mica pubblicano gente che non si è mai messa in posa, che non ha mai sgomitato per stare sotto i riflettori, che non ha ordito trame per allestire scandaletti da due soldi. Gente che nella vita ha semplicemente scritto no, non la pubblicano. Non interessa.
Così questi libri vanno cercati con pazienza. E non pensiate che sia facile. Potete provare a ordinarli, ma quelle stesse librerie dove non li trovate potrebbero mettersi a fare problemi. I commessi sono addestrati a scoraggiare gli ordini di editori piccoli, perché non conviene al mercato, lo sapevate?
Quindi, ordinateli in internet. Ci mettono più di tre settimane ad arrivare, ma almeno siete sicuri che arrivino.
Ve ne consigliamo tre:
This is not hour, uno studio con testo a fronte dei migliori sonetti del poeta, Autumn to autumn (appena 7 euro) e Long evening shadows (sempre 7 euro). Tutti e tre li trovate a questo link:
Ultima cosa.
A Pian di Scò, in valdarno, si è costituita un’associazione per la memoria e la promozione dell’opera di Russell. Per saperne di più sul poeta, e per conoscere le moltissime (e interessantissime) attività dell’associazione, andate a visitare il sito:

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